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sabato 12 ottobre 2013

AssoCanapa




Quelle che seguono sono le risposte alle domande che più spesso ci vengono rivolte riguardo la coltivazione della canapa. Per approfondimenti consultare le sezioni Agronomia e Impianto di prima trasformazione.

DOMANDA: Si può coltivare la canapa in Italia?

RISPOSTA: La risposta è sì, a condizione che venga coltivata una varietà a basso tenore di THC (inferiore allo 0,2%) compresa nel Registro Europeo delle Sementi e che sia seguita la procedura stabilita dalla Circolare del MIPAF n.1 dell'8 maggio 2002. Consultare anche in questo stesso sito, negli Approfondimenti, la sezione Legalità

DOMANDA: Dove e come si coltiva la canapa?

RISPOSTA: La canapa preferisce i terreni fertili alluvionali, si adatta però a tutti i terreni, anche fino ai 1500 metri di altitudine. Non soffre le gelate tardive. Soffre invece mortalmente il ristagno d'acqua, specialmente nel primo stadio di vegetazione. Si semina a febbraio/marzo. Buoni risultati in Piemonte si sono ottenuti anche riproducendo una antica tecnica di semina in secondo raccolto (dopo loietto, orzo, grano): in questo caso il pericolo è che se il terreno non è umido si incontrano difficoltà nella germinazione o che il caldo eccessivo secchi le piantine. La quantità di seme consigliata è di 50 chilogrammi per ettaro (10mila mq). Si consiglia di provvedere alla semina con seminatrice da grano con 15/20 centimetri tra le file (naturalmente con disco adattato per la canapa), su terreno preparato che abbia un'umidità sufficiente alla germinazione.
Così seminata la canapa è autodiserbante (le piante di canapa crescono più velocemente delle infestanti, per cui fanno morire tutte le infestanti). Di conseguenza, la canapa lascia il terreno totalmente diserbato.
Normalmente non ha bisogno di irrigazione e migliora la struttura del terreno grazie all'abbondante e profondo apparato radicale e al rilascio di foglie a fine ciclo.
Si raccoglie 10 giorni dopo la fine della fioritura delle piante maschili nel mese di agosto, così come si fa per la fienagione. Si taglia con barra falciante, la si lascia in campo per almeno 30/40 giorni per una parziale macerazione e la si imballa con normale rotopressa.
Da sempre consigliamo a chi non conosce la coltura di sperimentare per un anno per farsi un’esperienza adeguata alla zona in cui si opera. In ogni caso e salvo calamità naturali, gli agricoltori provetti non hanno mai incontrato difficoltà ad ottenere alte rese in biomassa.

PASTE INTEGRALI. Quali sono le migliori? Ecco la prima guida ragionata.




E meno male che siamo in Italia, dove secondo una vulgata dura a morire dovremmo essere tutti grandi consumatori, oltreché esperti, di pane e pasta. Così non è, purtroppo. La pasta integrale, decenni fa, era venduta con un sotterfugio: era denominata “pasta per cani”! Perché per l’ottusità dei pastai e dei loro amici “esperti” alimentaristi e politici la legge non prevedeva che si potesse vendere una “pasta integrale”. Detto tra di noi, era una pasta ottima, migliore di certe marche di pasta integrale odierne. Ma oggi, finalmente, la si comincia a vedere in giro, con tutto il gran parlare che si fa a livello scientifico di fibre, e in particolare di fibre di cereali e legumi. 
Ancora oggi  non è presente in tutti i supermercati o negozi alimentari, il che è un paradosso in Italia, certamente la patria delle moderne paste secche industriali da cuocere, dove sono stata addirittura inventate le macchine per trafilarle, e che con Etruschi e Romani si esercitò a lungo con tagliatelle e laganae (plurale di lagana, fettuccia), citate perfino in una famosa ricetta di Catone – il timballo di lagane con ricotta (“placenta”) – e nella satira VI del I Libro del poeta Orazio (<Torno a casa per mangiare una scodella di porri, ceci e lagane>).
Fino a cinque anni fa la pasta integrale era addirittura rara. Comunque ha fatto prima la grande industria dai marchi famosi ad “imitarla” (le paste “integrali” di molte grandi marche, integrali lo sono solo sull’etichetta), che i produttori seri a metterla in commercio. Si sta verificando anche per la pasta il tipico fenomeno del "finto integrale", cioè la parola "integrale" usata solo come richiamo pubblicitario, ma priva di contenuto reale, proprio come per il pane.
E così proliferano le furbate. La nota marca "dietetica" Misura, per esempio, chiama "integrale" una pasta a cui ha aggiunto addirittura la "microcellulosa cristallina" che col grano duro non c’entra nulla! Perché? Evidentemente ha provato che le proteine del suo grano duro, una volta realizzato l'impasto della gramolatura, non danno un buon glutine, e vuole evitare che la pasta scuocia subito.  Barilla, poi, definisce "integrale" una pasta che già a vederla attraverso il cellofan sembra bianca e raffinata come tutte le altre. Una volta cotta continua a sembrare esattamente come quella normale raffinata, sia per colore che per sapore. Eppure nella composizione in etichetta ci sono le fibre. Quali fibre? Mistero. Sono forse fibre estranee al grano come la cellulosa di Misura? Poiché anche questa costa cara e apparentemente è pasta normale, non acquistatela. Cerchiamo di orizzontarci con un primo abbozzo di guida ragionata.
PASTA “BIOLOGICA, MA RAFFINATA”: UNA DEPRAVAZIONE. Ora si sta diffondendo addirittura la moda contorta e un po’ depravata del… biologico raffinato, cioè la pasta biologica sì, ma bianca. Un’assurdità, che dimostra che la gente è del tutto ignorante, preda della pubblicità più bieca, e non ha proprio capito che cosa è un vegetale “biologico” e a che cosa “serve” nell’organismo.  Ribadiamo che la “pasta biologica bianca” o “biologica raffinata” è un assurdo nutrizionale. Infatti, il cereale e la pasta integrale, poiché significa abbondanza di fibre e di antiossidanti protettivi, soprattutto rispetto al rischio cancro (p.es., del colon), anche quello derivante dai propri inquinanti, è concetto molto più importante del biologico. Che, perciò, o è integrale o non ha alcun senso nutrizionale (mentre ne ha comunque sempre sul piano ecologico).
Cominciamo, dunque, le recensioni dalla grande distribuzione (supermercati e discount). Prendiamo in esame ogni tipo di pasta integrale, normale, "biologica" o "dietetica", e vediamo quali sono per noi le più convenienti per qualità e prezzo.
Sia chiaro, questa è una prima bozza di classifica, parziale e provvisoria, e pertanto può contenere degli errori. I lettori sono pregati di far pervenire nuove informazioni e correzioni, e di suggerire nuovi prodotti trovati nelle più diverse città italiane. I giudizi finali, anche se basati su argomentazioni veritiere e prove organolettiche, sono inevitabilmente schematici e soggettivi, e sono espressione del diritto di critica. Il criterio della qualità è fondato sulla qualità dal punto di vista dell’alimentazione naturale.
CLASSIFICA: I NOSTRI PARAMETRI
Se avessimo una squadra di assaggiatori professionali e preparati sulle paste integrali, chiederemmo ad una classifica seria di tener conto di almeno 10 parametri, di cui i primi 6 fondamentali:
1. Uso esclusivo di semola integrale di grano duro.
2. Quantità di proteine.
3. Quantità di fibre.
4. Assenza di sostanze estranee (p.es. cellulosa microcristallina o altre fibre, sali minerali). 5. Buona tenuta di cottura (quindi ottima qualità proteica della varietà di grano duro). 6. Gusto e colore tipici (p.es., sapore vagamente “di noce”, più o meno intenso e modulato, provato senza salsa di pomodoro, al massimo solo con olio neutro). 7. Origine da agricoltura "biologica" certificata da un Ente (elemento preferenziale, ma non determinante. 8. Prezzo comparato alla qualità, e comunque non eccessivo. 9. Produzione industriale o artigianale (cioè piccola produzione locale).

10. Completezza delle informazioni in etichetta e varietà dei formati a disposizione (elementi secondari).
La “classifica”, perciò, è di larga approssimazione. I dati non sono definitivi, ma vengono aggiornati e corretti di tanto in tanto. Anche perché esiste una grave discontinuità e irregolarità nell'offerta di paste integrali nei supermercati e nei negozi bio in Italia.

Come riconoscere e come raccogliere le castagne


Generalità

Il Castagno (Castanea sativa Mill.) e' originario dell'Europa meridionale, Nord Africa e Asia occidentale. E' presente anche sulle coste atlantiche del Marocco, sulle rive del mar Caspio e nel sud dell'Inghilterra. I castagneti da frutto sono ormai molto ridotti (in seguito al mal dell'inchiostro e al cancro) in Italia, anche se in questi ultimi anni si sta assistendo ad un tentativo di recupero non solo ai fini produttivi. Le regioni in Italia in cui la coltura del castagno da frutto assume maggior importanza sono la Campania, la Sicilia, il Lazio, il Piemonte e la Toscana.
Le castagne sono ricche di amido e in molte zone montane d'Italia hanno rappresentato, fino agli anni '50, la principale fonte alimentare.
Nell’ultimo decennio la castanicoltura ha segnato, nel nostro Paese, un’interessante ripresa. Numerosi vecchi castagneti da frutto sono stati sottoposti ad una potatura di ringiovanimento, l’infezione del cancro della corteccia sta registrando una fase di regresso mentre le quotazioni del mercato per il prodotto di pregio (marroni e frutti degli ibridi) sono oggi particolarmente remunerative ed allettanti per i produttoriIl castagno appartiene alla Famiglia delle Fagaceae: il genere Castanea comprende:
- Castanea sativa Mill., o castagno europeo, diffuso in Europa;
- Castanea crenata Sieb. e Zucc., o castagno giapponese, diffuso in Asia e resistente al mal dell'inchiostro e al cancro della corteccia;
- Castanea pumila Mill, o castagno americano, diffuso nell'America del Nord.
Il castagno europeo e' una pianta longeva, alta fino a 25 metri, con tronchi di circonferenza talora imponenti, chioma espansa e molto ramificata, foglie caduche, di forma ellittico-allungata, a margine seghettato, quasi coraicee, di colore verde intenso e lucide, più chiare nella parte inferiore.
Pianta monoica. Le infiorescenze maschili sono rappresentate da spighe lunghe 10-20 cm di color giallo-verdastro. Quelle femminili sono costituite da fiori singoli o riuniti a gruppi di 2-3 posti alla base delle infiorescenze maschili. La fioritura si ha in piena estate. Il frutto è rappresentato da una noce detta castagna, interamente rivestita da una cupola spinosa, detta riccio. L'impollinazione puo' essere anemofila o entomofila, per cui molto importante e' la presenza delle api.
Il castagno ama i terreni profondi, leggeri, permeabili, ricchi di elementi nutritivi, con pH tendenzialmente acido, con poco o privi di calcare. Non sopporta i terreni pesanti e mal drenati. E' una pianta eliofila, ama i climi temperati, pur sopportando freddi invernali anche molto intensi.
Infiorescenze e frutti Castagno Infiorescenze e frutti Castagno

Varietà e portinnesti

La scelta della varieta' deve tener presente le esigenze del mercato. Vengono considerati 4 gruppi varietali ben distinti: Marroni, Castagne, Ibridi Eurogiapponesi, Giapponesi.
- Marroni: sono così considerati i frutti di castagno che presentano, nell’interno della buccia, i frutti interi, non settati, con la pellicola (episperma) che non penetra nella polpa e che si stacca con facilità nelle operazioni di pelatura.
Sono destinati alla trasformazione industriale e al consumo fresco.
I marroni sono particolarmente ricercati sul mercato e spuntano prezzi elevati; la pezzatura dei frutti delle diverse varietà si può considerare medio-grossa (da 55 a 70 frutti per Kg); tutte le varietà

Estratti dal libro "Scoperte scientifiche non autorizzate" di Marco Pizzuti



Ripercorrere quindi passo dopo passo la vita e le opere di questo scienziato dimenticato servirà a fare finalmente luce su alcune tecnologie nascoste per motivi di elitario interesse. Misteri ufficialmente irrisolti come i cosidetti velivoli UFO dei nazisti, lo sviluppo delle armi geofisiche, del sistema HAARP o l'imbrigliamento dell'energia del vuoto, assumono infatti una veste scientifica non appena si viene a conoscenza degli studi compiuti da Nikola Tesla. Non si tratta tuttavia dell'unico caso di scienza soppressa...

Studiando inve il comportamento delle frequenze estremamente basse (ELF) Tesla si rese conto che la frequenza di risonanza della Terra era uguale a quella di risonanza dello spazio compreso tra la superficie terrestre e la ionosfera (per circa 70/80 Km da terra) fissandole quindi entrambe a circa 8 Hz (...) Le sue sperimentazioni si estesero fino fino a comprendere tutti i tipi di frequenze, comprese quelle utilizzate naturalmente dal corpo umano. Giunse così ad individuare anche gli effetti biologici positivi e negativi prodotti dai campi elettromagnetici sull'uomo. Studiò in particolar modo le frequenze dello spettro gamma bassa, dette ELF (8-20 Hz), VLF (20-100 Hz), e concluse che le onde ELF molto basse, da 4 a 7 Hz, sono altamente dannose all'attività bioelettrica del cervello. mentre altre leggermente più alte ne favoriscono il rilassamento (8Hz) e il benessere.

L'armosfera dello strato più basso, pur essendo un isolante perfetto, sotto l'effetto della grande forza elttromotrice prodotta dalle bobbine di Tesla conduce liberamente la corrente. Tesla notò che la conduttività cresceva molto rapidamente con il rarefarsi dell'atmosfera e con l'aumento delle tensioni elettriche arrivando fino al punto di lasciar scorrere la corrente come se osse un filo di rame. Telsa affermò di avere dimostrato in maniera inconfutabile come enormi quantità di energia elettrica potevano essere trasmesse agli strati più alti dell'atmosfera senza limiti di distanza. Nell'articolo comparso sull'Electrical Review del 29 marzo 1899, Tesla manifestò addirittura il timore di poter incendiare l'atmosfera durante i suoi esperimenti con grandi potenze elettriche. Sapendo quindi che la parte più bassa dell'atmosfera in condizioni normali è isolante, mentre quella più alta è conduttiva, Tesla ideò una tecnica per trasmettere e immagazzinare corrente su quest'ultima. Lo scopo era quello di rendere utilizzabile e accessibile questa corrente da qualsiasi altre parte del globo mediante l'uso di fasci di particelle conduttive posizionati a terra.

L'alta atmosfera, essendo caratterizzata dalla presenza di gas a bassa pressione, una volta ionizzata diviene un buon conduttore di elettricità. La porzione di alta atmosfera tra il trasmettitore e il ricevitore può quindi condurre corrente esattamente come un tubo al neon di proporzioni planetarie, a patto, ovviamente, che vi sia energia a sufficienza. Viceversa, la nostra Terra, che sappiamo possedere proprietà conduttrici (ottime a determinati voltaggi e frequenze), ha un raggio di circa 6000 km ed è circondata da un piccolo strato di bassa atmosfera che ha invece caratteristiche isolanti. Il nostro pianeta riceve molta energia dalle particelle cosmiche di cui è fatto bersaglio dallo spazio (per es. dal Sole) e avendo nello stesso tempo sia un proprio movimento rotatorio che un campo magnetico, si comporta come una gigantesca dinamo. Tra l'area terrestre conduttiva e la parte di atmosfera conduttiva più alta (troposfera e ionosfera) vi sono solo i pochi chilometri di spessore della bassa atmosfera, che funge da isolante tra le prime due. Di conseguenza, creando artificialmente un collegamento tra le due zone conduttrici del pianeta, la differenza di potenziale elettrico produce un passaggio di corrente. L'energia che fluisce attraverso l'aria, infatti, è caratterizzata da un'alta tensione a bassa potenza, mentre quella che fluisce attraverso la terra da un'alta potenza a bassa tensione.
La Terra possiede una sua naturale carica negativa rispetto alla regione conduttiva dell'atmosfera, che inizia a un'altezza di 50 km. L a differenza di potenziale tra la terra e questa regione è di circa 400.000 volt. In prossimità della superficie terrestre vi è un onnipresente campo elettrico di circa 100 V/m diretto verso il basso. Un trasmettitore con bobine Tesla sintonizzato sulla frequenza di risonanza della Terra  crea un disturbo locale nella sua carica che si manifesta  come una variazione della densità del campo elettrico. Tale disturbo si propaga dal trasmettitore, ma la sua intensità diminuisce man mano che si allontana da esso. Un trasmettitore sufficientemente potente, invece, produce una distorsione del campo che si propaga ovunque, sino a raggiungere il punto del globo diametralmente opposto, per essere poi riflessa verso il punto d'origine. Mentre il metodo di trasmessione tra Terra e atmosfera richiede la costruzione di un impianto di trasmissione e di un impianto di ricezione opportunamente sintonizzati tra loro, con il sistema interamente di Terra, invece, è sufficiente un trasmettitore sintonizzato sulla frequenza di risonanza ( o una delle sue armoniche) di quest'ultima, poichè a svolgere l'importante funzione di ricevitore sincronizzato sarà la Terra stessa.