martedì 31 dicembre 2013

Hollywood e i trafficanti di sogni

 


Marcello Pamio, tratto dal libro di Gianantonio Valli: "Trafficanti di sogni: Hollywood, creatura ebraica", ed. Effepi
 
“Hollywood è un posto dove per un bacio di pagano mille dollari e per l’anima cinquanta centesimi”
Marilyn Monroe
“Al termine del XX secolo Hollywood resta un’industria con una spiccata sfumatura etnica. Praticamente tutti i capi dei maggiori studi sono ebrei. Gli sceneggiatori, i produttori e i misura minore i registi sono ebrei in una quantità sproporzionata; un recente studio li ha indicati presenti in oltre il 59% delle pellicole di maggior successo”.                                                                 J.J. Goldberg, Jewish Power, 1996
La cinematografia è sempre stata, assieme alla cugina più giovane televisione, i veicoli principali di controllo delle masse. Proprio per questo motivo, ogni Regime che si rispetti, ha sempre ingabbiato e gestito i mezzi di comunicazione di massa.
I mass media, cartacei, radiofonici, cibernetici e visivi non solo giocano un ruolo fondamentale nella modifica e manipolazione della percezione della realtà, ma possono innescare e accelerare determinati processi cognitivi e fisiologici che conducono l’uomo direttamente nelle prigioni coercitive del cosiddetto Nuovo Ordine Mondiale: il cosiddetto mondialismo.
Chi controlla questi sistemi, ha il potere di vita e di morte su centinaia di milioni, per non dire miliardi di individui.
La funzione della televisione viene ben descritta nel monologo di Howard Beale, interpretato da Peter Finch, nel film di Sidney Lumet: “Network” (da noi “Quinto Potere”) del 1976.


“Meno del 3% di voialtri legge libri, meno del 15% di voi legge giornali o riviste.


Perché l'unica verità che conoscete è quella che ricevete alla tv. Attualmente, c'è da noi un'intera generazione che non ha mai saputo niente che non fosse trasmesso alla tv.


La tv è la loro Bibbia, la suprema rivelazione!


La tv può creare o distruggere presidenti, papi, primi ministri. La tv è la più spaventosa, maledettissima forza di questo mondo senza Dio. E poveri noi se cadesse nelle mani degli uomini sbagliati…


Perché questa società è ora nella mani della CCA, la Communication Corporation of America, e quando una tra le più grandi corporazioni del mondo controlla la più efficiente macchina per una propaganda fasulla e vuota, in questo mondo senza Dio, io non so quali altre cazzate verranno spacciate per verità, qui!


Quindi ascoltatemi. Ascoltatemi! La televisione non è la verità! La televisione è un maledetto parco di divertimenti, la televisione è un circo, un carnevale, una troupe viaggiante di acrobati, cantastorie, ballerini, cantanti, giocolieri, fenomeni da baraccone, domatori di leoni, giocatori di calcio! Ammazzare la noia è il nostro solo mestiere.


Da noi non potrete mai ottenere la verità. Vi diremo tutto quello che volete sentire mentendo senza vergogna. Vi diremo qualsiasi cazzata vogliate sentire!


Noi commerciamo illusioni, niente di tutto questo è vero!


Ma voi tutti ve ne state seduti là, giorno dopo giorno, notte dopo notte, di ogni età, razza, fede. Conoscete soltanto noi. Già cominciate a credere alle illusioni che fabbrichiamo qui. Cominciate a credere che la tv è la realtà, e che le vostre vite sono irreali. Voi fate tutto quello che la tv vi dice: vi vestite come in tv, mangiate come in tv, tirate su bambini come in tv, persino pensate come in tv! Questa è pazzia di massa! Siete tutti matti!


In nome di Dio, siete voialtri la realtà. Noi, siamo le illusioni.


Quindi spegnete i vostri televisori, spegneteli ora. Spegneteli immediatamente! Spegneteli e lasciateli spenti!
Howard Beale, da buon commentatore televisivo, parla dei rischi insiti della tv, ma il suo discorso si può allargare ed estendere al cinema e ad ogni altro mezzo di comunicazione.
Ha proprio ragione: la tv e il cinema non sono la realtà, sono strumenti nelle mani dei controllori che sfornano falsità, illusioni e sogni.
Sfruttano le conoscenza profonde dell’animo umano, della psiche, dell’inconscio e della psicologia sociale delle masse, per veicolare quello che vogliono che noi sentiamo e vediamo.
Moltissime persone, soffocate e strozzate da un sistema parassitario disumanizzante che sta lentamente stringendo il cappio intorno al collo di milioni di persone, vogliono sognare, allontanarsi dai propri problemi quotidiani (economici, sociali, religiosi, lavorativi, salutari, ecc.) e il Sistema ci accontenta: crea film di avventura, saghe fantascientifiche, romantici strappalacrime, eroi che salvano il mondo, fiction, serie televisive infinite che hanno proprio questo intento: staccarci dalla realtà e tenerci il più a lungo possibile lontano. Il punto è che non lo fanno per il nostro bene…

sabato 28 dicembre 2013

La bufala degli omega3 del pesce

 



Diversamente da quanto vanno profferendo i vari nutrizionisti televisivi, e cioè che è necessario consumare pesce per il suo contenuto di omega 3, la scienza indipendente dei più noti organismi in fatto di nutrizione, e di qualificati studiosi, conferma ogni giorno quello che noi igienisti vegani andiamo dicendo da decenni, e cioè che procurarsi l’omega 3 dal pesce invece che dai vegetali non solo è inutile ma spesso dannoso per la salute.   
Il pesce per motivi di sicurezza e gusto deve essere cotto, e la cottura denatura gli omega 3, oltre ad inattivare gli enzimi digestivi. Consumare pesce almeno 2-3 volte a settimana per garantirsi l’omega 3 (come viene raccomandato dai nutrizionisti), non è sufficiente ad assicurarsi il quantitativo necessario, perché solo alcuni tipi di pesce contengono modeste quantità di omega 3 e solo se i pesci sono selvatici o da acquicoltura con pesci che si nutrono di pesci che a loro volta mangiano alghe. Confrontando il contenuto di omega 3 dei pesci con quello presente nei vegetali troviamo che.
I pesci che contengono modeste quantità di omega 3 (mg/100 gr) sono:
- sardine fresche 1,73;
- anguilla 1,30;
- aringa fresca 1,09;
- salmone fresco 0,89;
- tonno fresco 0,80;
- sgombro: 0,73;
- spigola 0,48;
- orata fresca 0,46
Mentre i vegetali che contengono omega 3 (mg/100 gr) sono:
- Olio di lino: 66
- Semi di lino: 32
- Olio di canapa: 18
- Olio di noce: 14
- Soia cotta: 11
- Olio di soia: 7,60
- Noce: 6,50
- Germe di grano: 5,40
- Semi di zucca: 5
- Latte di soia: 4
- Fagioli di soia secchi: 1,3
- Olio extravergine d’oliva: 1
- Mandorle: 0,3
- Nocciole: 0,1
Da questo se ne deduce che se l’assunzione di omega 3 per una dieta (per esempio) di 2000 kcal è pari a 4,4 g/die, per raggiungere questo quantitativo è necessario consumare: 1,1 etti di sardine, oppure 1,3 etti di anguilla, oppure 1,5 etti di tonno, oppure 2,2 etti di aringhe, oppure 3,5 etti di spigole, oppure 4,4 etti di storione, oppure quantitativi enormi di altri pesci con un contenuto più basso di Omega 3.
L’American Cancer Society ha valutato alcuni studi sulla correlazione tra omega 3 e cancro. La famiglia degli acidi grassi omega 3 non riduce il rischio di cancro, anzi, eleva

"Quando il Giorno incontra la notte" Cortometraggio

giovedì 26 dicembre 2013

Pezzi Tratti da "varsavia brucia? per il superamento del ghetto analisi critica dei centri sociali"




Il culto della moda, ancorchè "alternativa", il culto della musica, ancorchè "alternativa", il culto della Ceres, ancorchè "alternativa", il culto del sesso, ancorchè "alternativo", sono dei semplici esempi della miseria. La miseria nell'ambiente centrosociale. Nel senso che delle istanze effettivamente vere (vestirsi come a ciscuno pare, ascoltare la musica più gradita, bere a dismisura,darsi all'erotismo ecc.) si fissano su comportamenti modali che nei fatti negano le esigenze stesse. Quando il giubotto di pelle diventa "chiodo" evidentemente c'è stata un'espropiazione di senso, anzi, se vigliamo esser più precisi, un'alienazione del senso. 

ma la vera rivoluzione consiste nella negazione attiva delle realtà separate della proprietà, dell'autorità, dello Stato, del sociale, della politica. Non un'altra forma di governo, un potere diversamente gestito (l'autogoverno sociale), ma l'abolizione di ogni governo, di ogni potere al di fuori del potere di decisione della propria vita.  

 non ha cancellato in noi la convinzione ragionevole che essere realisti significa desiderare l'improbabile.

 Occorreva sporcarsi le mani, e saper essere quelle mani sporche,vivere.

I funzionari del Capitale sono incapaci di reprimere un movimento reale che non prende ordini da nessun altro che da se stesso, che si sviluppa in modo rizomatico, senza alcuna direzione suprema, che sfugge al loro controllo in quanto rompe con la ritualità dell'agire ideologico.

Uscire dal ghetto significa lottare per la comunicazione reale (non mediata) in cui riconoscersi e riconoscere i propri desideri, le proprie capacità creative (distruttive della ricreazione e della ripetitività), rompere il muro di parole-immagini che incatena il corpo nella gabbia mistificatoria del linguaggio stereotipato.

La vera lotta si svolge all'interno di ogno individuo fra la naturale insofferenza alla ripetitività dell'esistente e l'assefuazione che esso induce

La rappresentazione dell'antagonismo funge da bavaglio che intorpidisce la sensibilità e la creatività, inducendo passività e fruizione alienata. Tutto può essere venduto o comprato, compreso il desiderio di ribellione. Ritrovarsi insieme spinti dall'inerzia e dall'abitudine è la peggiore delle solitudini, in quanto si arriva a gonfiare le parziali verità che ci vengono suggerite dalla noia, fino a renderle giustificazioni della propria assenza... in attesa di tempi migliori

L'atteggiamento el potere rispetto a questo fenomeno è stato diverso nelle forme ma identico nella sostanza: conglobare questa anormalità nella riproduzione della normalità. Istituzionalizzando e/o spettacolarizzando il conflitto; il Capitale rimanda i tempi della sua dissoluzione, negando il salto qualitativo della rivolta dell'essere, trasformandola nella mistificazione del suo apparire, della sua rappresentazione. Qualsiasi prefigurazione alternativa alla sopravvivenza quotidiana che non si colleghi alla critica complessiva della società e delle ideologie che la giustificano è destinata a cadere in questa mistificazione e ad essere recuperata dal potere.

Energia dal Suono | Sonofusione

 
 
Sonoluminescenza

Esiste un fenomeno molto strano in natura chiamato sonoluminescenza; è la trasformazione delle onde sonore in energia luminosa! E' un esperimento ben conosciuto nella fisica ufficiale. Nell'esperimento un piccolo contenitore sferico di vetro, riempito con acqua, viene fatto risuonare con onde sonore armoniose di 20 KHz da diffusori acustici. In seguito viene fatta scoppiare una piccolissima bolla d'aria nel centro del contenitore sferico. Quando la bolla d'aria è esattamente al centro, inizia a implodere ritmicamente ed emette luce. La luce è emessa in flash di luce ultrabrevi che rappresentano concentrazioni di trilioni di volte dell'energia sonora originale. Le temperature al centro della bolla raggiungono l'altezza astronomica di 30.000 gradi Celsius e la pressione è immensa.

La fisica ufficiale ha ancora problemi con questo esperimento e sta speculando sulla fusione fredda, altri pensano che non ci sia spiegazione se non che l'abbondante energia luminosa venga dal campo di punto zero! L'effetto della sonoluminescenza ha stimolato l'immaginazione dei filmmakers di Hollywood e hanno creato un intero film su questo fenomeno, è intitolato "Chain Reaction". Ulteriori investigazioni su questo fenomeno naturale possono portare in quella che è definita sonofusione, un tipo di fusione fredda che i fisici cercano da tempo.


CIMATICA  (La scienza delle onde) - Il nome cimatica deriva dal greco “chima”, cioè onda.
Continua in:
CIMATICA - 1 

In principio era il Verbo” ed in sanscrito “Nada Brahama”= “Il mondo è suono” - L’UniVerso e’ UN TUTT'UNO energetico manifestato da Vibrazioni. Tutta la creazione è una sinfonia di suoni, di vibrazioni, in cui le singole parti si inseriscono attratte dalla risonanza con i suoni "simili" anche Viventi.
Il TUONO NUCLEARE: NEUTRONI dagli ULTRASUONI
Due fisici italiani, Fabio Cardone e Roberto Mignani, hanno annunciato la realizzazione di reazioni nucleari prodotte con gli ultrasuoni.
La scoperta, che si inserisce nel filone della cosiddette "reazioni nucleari ultrasoniche", è stata descritta in un volume intitolato "Deformed Spacetime", che è in corso di pubblicazione (I° trimestre 2007) presso la prestigiosa casa editrice tedesca Springer Verlag di Berlino.

In quest'opera i due fisici affermano di aver generato neutroni immettendo ultrasuoni in varie soluzioni di acqua ed acidi di ferro. I neutroni sono stati misurati con rivelatori termodinamici in uso per sistemi di difesa ottenendo il 100% della ripetibilità dell'esperimento.
Il fenomeno scoperto ispira facilmente la concezione di un reattore ad ultrasuoni, i cui vantaggi nella produzione di "energia pulita" sono più che evidenti.
Gli esperimenti diretti da Fabio Cardone sono stati condotti in Italia a partire dal 2003 presso laboratori militari e civili con la collaborazione dei tecnici militari A. Aracu, A. Bellitto, F. Contalbo, P. Muraglia e dei ricercatori civili G. Cherubini, A. Petrucci, F. Rosetto, G. Spera.
Tale scoperta, insieme ad altre sulla gravità e l'elettricità presentate nel volume menzionato, permetterà di ripensare in modo critico le teorie della relatività di Einstein e della meccanica quantistica di Bohr.
Perugia, Novembre 2006 - By Umberto Bartocci - http://www.cartesio-episteme.net


Avremo la possibilita' di ottenere, per mezzo degli ultrasuoni, e da sostanze NON radioattive, la produzione di neutroni, e quindi l'utilizzo dei processi atomici per la produzione di energia elettrica a basso costo ed illimitatamente e cio' entro 10 anni dal 2006 !...speriamo che cio' avvenga e le industrie petrolifere non sia approprino dei progetti e li mettano in un cassetto...dimenticati !
Gli scienziati italiani sono in grado di creare reazioni nucleari prodotte con il suono e senza radioattivita', immettendo degli ultrasuoni in varie soluzioni di acqua e sali di ferro, (privi di radioattivita') essi hanno generato neutroni rilevati e misurati con rivelatori termodinamici in uso per sistemi di difesa, ottenendo il 100% di ripetibilita' del fenomeno.
Queste reazioni nucleari (chiamate piezonucleari) permettono di liberare neutrini da elementi naturali inerti, grazie all'uso di un generatore meccanico di ultrasuoni alimentato da energia elettrica, inoltre queste reazioni liberano direttamente anche energia ed inducono gli elementi a cambiare natura trasmutandoli, proprio come succede in natura.
Persino le scorie nucleari possono essere trattate per ridurre di 10.000 volte i tempi naturali di riduzione della loro radioattivita'.
Ci toglieremo finalmente di dosso, l'enorme spesa della bolletta petrolifera !
E' una grande scoperta tutta Italiana (CNR). - vedi anche: Fusione Fredda

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È stato detto che la chiave per capire la storia del Novecento è il petrolio (con i gas naturali come il metano).
Sotto mille insegne o pretesti è l'oro nero (la sua geopolitica) che ha mosso eserciti e rivoluzioni, condizionato e plasmato il sistema economico e politico mondiale. E pure il nostro modo di vita globale. Anche le sorti dell'ecosistema e il futuro del pianeta dipendono dal petrolio. L'esplosivo problema islamico sarebbe poca cosa senza il petrolio.
Del resto le guerre in corso o in incubazione sono tutte nelle aree del petrolio. Il prezzo oggi alle stelle dell'oro nero è una spada di Damocle sull'economia mondiale. Mentre l'energia nucleare (unica valida alternativa) continua ad avere il problema delle scorie radioattive.
Come sottrarsi a questa tenaglia ? Talora nella storia umana sono state delle scoperte scientifiche a dare la svolta imprevista e a far uscire l'umanità da certi vicoli ciechi. Due fisici italiani, Fabio Cardone e Roberto Mignani, annunciano adesso una scoperta piena di suggestioni e di fascino. Sarà una svolta storica? Di certo potrebbero essere clamorose le sue conseguenze in campo energetico (liberarci dalla tirannia petrolifera e dall'incubo delle scorie nucleari) e perfino in campo medico.

Forno a micro-onde: la ricetta per ammalarsi di cancro

 



Esiste da dieci anni una prova, che il tribunale svizzero ha soppresso, che dimostra come il cibo trattato con le microonde possa danneggiare il sangue in modo rilevante. Studi più recenti hanno aggiunto prove evidenti che il forno a microonde è un rischio per la salute. Nel 1989, un nutrizionista svizzero, il Dottor Hans-Urich Hertel fece delle scoperte allarmanti sull’uso del forno a microonde. Ma nonostante ciò per più di dieci anni ha dovuto lottare per avere il diritto di far sapere al mondo che cosa aveva scoperto.
Il punto che ha cercato in tutti i modi di rendere noto al pubblico è di interesse vitale per i consumatori : tutti i cibi che vengono cucinati o scongelati nel microonde possono causare dei cambiamenti del sangue che indicano lo sviluppo di un processo patologico presente anche nel cancro. Nonostante ciò, Hertel per tutto questo tempo, è stato preso in giro dai fabbricanti di forni a microonde che hanno usato le leggi svizzere sul commercio per tappargli la bocca al punto di minacciare di rovinarlo.
Nel Marzo 1993, il Tribunale per il Commercio di Berna, a segui-to di una denunzia della Associazione Svizzera dei Produttori di Apparecchi Elettrici Domestici ed Industriali, ha fatto divieto al Dottor Hertel di dichiarare pubblicamente o per scritto, che i forni a micro-onde sono dannosi alla salute. Non ubbidire a questo ordine avrebbe potuto significare una multa di 5000 Franchi Svizzeri o addirittura un anno di prigione.
La Corte Federale di Losanna ha confermato questo verdetto nel 1994 giustificandolo sulla base della Legge Svizzera contro la Concorrenza Sleale che proibisce “dichiarazioni discriminanti, false, ingannevoli e dannose contro un produttore e i suoi prodotti” (Giornale delle Scienze Naturali, 1998;1: 2-7) una legge che prende esclusiva- mente in considerazione la facoltà di impedire il commercio in sé e non l’intento di nuocere.
Tale legge imbavaglia anche la stampa svizzera poiché qualsia-si osservazione che possa essere considerata una critica del forno a microonde può con facilità portare ad un processo. Le opinioni svizzere sulle scoperte del dottor Hertel non sono condivise dal resto dei paesi europei. Nell’Agosto del 1998, La Corte Europea dei Diritti Umani stabilì che l’ordine del silenzio emesso dalla corte svizzera contro il Dottor Hertel era contrario al diritto di libertà di espressione : La Corte Europea ordinò anche alla Corte Svizzera di pagare un com-penso di 40.000 franchi svizzeri come risarcimento.
Pur avendo vinto la causa da due anni, il Dottor Hertel è ancora in attesa che il Tribunale svizzero cambi la sentenza precedente e gli tolga la multa di 8000 franchi. Nel frattempo le sue scoperte sensazionali sono state convalidate da testimonianze che spuntano qua e là in tutto il mondo.
DA DOVE E’ INIZIATO TUTTO QUESTO?
Si ritiene da parte di molti che i forni a microonde siano stati ideati durante la seconda guerra mondiale in Germania per facilitare la preparazione del cibo nei sottomarini; altri dicono che gli stessi scienziati svilupparono tale invenzione per facilitare le manovre durante l’invasione dell’Unione Sovietica. In ogni modo l’invenzione è databile dalla Seconda Guerra Mondiale.
Dopo la guerra, questa tecnologia fu importata negli USA dove fu sviluppa e come risultato il primo forno a microonde fu messo in commercio nel 1952 dalla Raytheon. Da quel momento in poi, questa tecnologia è stata adottata in tutto il mondo senza che venissero fatte ricerche sui possibili effetti dannosi da parte delle autorità di nessun paese.
Solo negli anni ’70 cominciarono a comparire dei rapporti che mettevano in dubbio la sicurezza dei cibi cotti a microonde. Studi istologici sui broccoli e le carote cotti a microonde rilevarono che la struttura molecolare dei nutrimenti erano deformati a tal punto da distruggere le pareti cellulari quando, nella cucina tradizionale, la struttura cellulare rimane intatta (Journal of Food Science, 1975; 40 : 1025-9).
IL FUNZIONAMENTO DI UN FORNO A MICROONDE
Il forno a microonde usa un dispositivo chiamato magnetron, che fa oscillare un fascio elettronico ad una frequenza molto alta, producendo così una radiazione di microonde (MW). Gli apparecchi domestici o industriali usano una frequenza di 2.45 gigahertz (Ghz) ad una potenza di 400-900 watts per un forno domestico standard, la cui alimentazione è progettata per fornire 4000 impulsi al magnetron.
La frequenza di 2.45 Ghz si usa perché l’ acqua assorbe l’ energia elettromagnetica più velocemente e al massimo grado a questa frequenza, dando così modo al cibo che contiene acqua di riscaldarsi rapidamente.
Le molecole contenute nel cibo sono costrette a allinearsi con il campo elettrico molto rapidamente e ad oscillare intorno al proprio asse. Il calore viene prodotto dalla notevole frizione intermolecolare.
Le microonde vengono proiettate dal magnetron all’interno del forno, dove riscaldano il cibo dall’interno verso l’esterno, a differenza dei forno tradizionali che fanno il contrario. Il riscaldamento dall’ interno cosa può lasciare delle zone fredde e da ciò la necessità di ruotare costantemente il piatto.
Il massimo livello di perdita permesso dalle norme attuali corris-ponde a una potenza di densità di 5 milliwatts per centimetro quadrato alla distanza di 5 centimetri dalla porta del forno. Questo valore si basa su misurazioni standard per radiazioni MW che sono oggetto di discussione fra coloro che sostengono che gli effetti atermici delle radiazioni MW dovrebbero essere tenuti in considerazione solo quando i livelli di radiazione registrati sono bassi (come ad esempio con i cellulari). Lo sportello del forno stesso dovrebbe essere controllata periodicamente per assicurarsi che non ci siano eccessive perdite.
LA RICERCA DI HERTEL
Undici anni fa, il Dottor Hertel, un medico nutrizionista che aveva già lavorato per diversi anni per una società alimentare svizzera, si mise in contatto con il Professor Bernard Blanc dell’ Istituto Federale di Tecnologia per sviluppare un programma di ricerca a largo raggio sull’effetto del cibo trattato con microonde negli esseri umani. I due scienziati decisero in seguito di ridurre la loro ricerca ad un livello più limitato, quando il Fondo Nazionale Svizzero non si dichiarò disponibile a finanziare il loro progetto.

martedì 17 dicembre 2013

10 rimedi naturali per i geloni

Insieme al freddo pungente tornato i temuti geloni. Un gelone è un'irritazione cutanea che di solito si presenta con arrossamento e gonfiore. La causa più comune è l'esposizione della pelle al freddo intenso accompagnato da umidità. 
Il freddo intenso rallenta la microcircolazione cutanea. I geloni possono colpire in modo particolare le punte delle dita delle mani o dei piedi, il naso o le orecchie.
Possono presentarsi bolle, piaghe, prurito e dolore intenso. La prima arma contro i geloni è la prevenzione. Ricordate di indossare guanti pesanti, calze e calzature adatte se sapete di dover trascorrere molto tempo all'aria aperta in inverno. Potrebbe essere utile inserire nelle scarpe delle suole termiche o degli scaldapiedi. Coprite anche le orecchie con un berretto caldo. Ecco alcuni rimedi naturali che potrete provare a mettere in pratica, in attesa di rivolgervi ad un esperto. Un erborista potrebbe consigliarvi, ad esempio, una tisana adatta contro i problemi circolatori.

1) Impacchi alle erbe

L'enciclopedia "La salute senza medicine. Curiamoci con le erbe medicinali" suggerisce impacchi di erbe specifiche contro i geloni. Si tratta di erbe ricche di tannini, resine e oli essenziali ad azione decongestionante. Tra di esse vengono segnalate arnica, ortica, ruta e lavanda.

2) Pepe di Cayenna

Il pepe di Cayenna è tra le spezie che aiutano a migliorare la circolazione. Potrebbe essere utile applicare sulla parte interessata dal gelone del pepe di Cayenna in polvere. Non utilizzate questo rimedio se la pelle è screpolata o ferita, per non aumentare il bruciore.
Leggi anche: Pepe di Cayenna: proprietà e utilizzi

3) Rape

Tra i rimedi della nonna contro i geloni troviamo le rape. E' possibile attenuare il problema strofinando sulla pelle delle fettine di rapa. Oppure, secondo un altro rimedio casalingo, potrete provare ad attenuare i geloni immergendo per un paio di minuti le parti interessate in acqua portata ad ebollizione con alcune fettine di rapa.

4) Rafano

Un altro rimedio casalingo, che promette di condurre alla completa scomparsa dei geloni, consiste nello strofinare con delicatezza sulle zone interessate da arrossamento e gonfiore, delle fettine di rafano. Potrete anche applicare il rafano a fette sulla parte, fasciare senza stringere troppo, e lasciare agire per attenuare il problema.

5) Succo di limone

lunedì 16 dicembre 2013

Scaldarsi con la legna - Pensieri di un agricoltore

"Con la legna ci si scalda tante volte: alla macchia per segarla...poi per caricarla...poi per riscaricarla...poi per fare i ciocchi da stufa...poi per i pezzi da camino...poi per stivarli in legnaia...poi per portarli in casa ogni giorno...
E solo dopo tutte queste scaldate riusciamo a dar fuoco alla legna e scaldarci anche in quel modo.
Con la legna ci si scalda sempre tante volte!"

Così ha esordito l'Agricoltore Anacronistico quando gli ho chiesto di parlarmi dell'argomento.
Lui viene da una famiglia che si è sempre scaldata con la stufa, e che tutt'oggi rifugge l'utilizzo del metano per il riscaldamento: lui stesso al suo podere ha 3 punti calore ed un forno alimentati a legna, e non vede altra alternativa.
Scaldarsi con la legna, e tutto parte da qui secondo una personalissima riflessione basata solo sull'esperienza (e non certo sullo studio) di cosa vuole dire fare tale scelta nel suo territorio.

Partiamo da dove arriva la legna.

Vivere in campagna non vuol dire necessariamente potersi scaldare solo con la legna, ma certamente offre svariate possibilità per farlo, anche solo recuperando legname dall'azienda.
I residui di potatura infatti costituiscono circa il 10-15% della legna arsa e sono costituiti da:
- vite: con i tralci si alimenta il forno (devono essere secchi almeno di 6 mesi) e con le branche la stufa ed il camino. La vite offre un grande caldo anche se poco duraturo. All'Agricoltore hanno insegnato a usare questa legna quando si vuole fare il pesce azzurro alla griglia (ottime le acciughe).
- olivo: i polloni vengono uniti in fasci e fatti seccare al sole per poi alimentare il forno (ottimi per il pane), i rami ed il tronco (quando capita di segarlo) sono sempre destinati al camino e alla stufa.  L'olivo offre un ottimo caldo ed è preferibile che sia molto secco e asciutto (generalmente usa tagli di almeno un anno).
- castagno: durante la potatura del castagno il nostro amico ammassa veri e propri tesori.  In barba a quanto dicono che il castagno più fresco (5-7 mesi) non è adatto al camino perchè scoppia e rischia di lanciare lapilli, lui li usa per la stufa dove il crepitio è pure piacevole da ascoltare.  Le potature di oltre un anno possono essere utilizzate anche nel camino.  Questo legno è amato dall'Agricoltore per la sua grande duttilità.
- frutti: pero e melo possono essere bruciati anche intorno ai 6-7 mesi dal taglio, ma è importante che il pesco, l'albicocco, il ciliegio ed il susino siano ben stagionati (oltre un anno): la loro resina può riservare spiacevoli sorprese nella vostra canna fumaria.

E' poi il turno del taglio dei seponali e pulizia dei campi.
Sono sempre molte le occasioni in cui ci son da ripulire le prode (il perimetro) di un campo da lavorare, oppure le volte in cui si devono sbassare (mantenere bassi) i sieponali ossia le file di alberi che delimitano una proprietà o un campo.
In entrambi i casi il pennato e la sega ci permettono di collezionare della legna (talvolta considerata minore) che può essere destinata al fuoco.
Il nostro Agricoltore riesce tagliare fino al 10% di legna destinata al consumo annuo.
L'olmo e l'acacia fanno molto caldo (sopratutto la seconda), ma devono essere ben secchi e la loro durata è bassa.  La cascia (acacia) è indicata per il fuoco del forno, e rilascia pochissima cenere: raggiunge temperature molto alte in breve tempo.
Quando è concesso (previo avviso alle autorità di competenza) è possibile anche tagliare la ginestra (un tempo lo si poteva fare liberamente), ed anche questa è molto buona per il forno (rametti e tronco).

Il restante 75-80% della legna arriva direttamente dal taglio del bosco.
In tutt’Italia sono tantissime le specie che popolano i tanti boschi: basti pensare al tesoro della macchia Mediterranea, sino a salire nelle faggete ed abetaie di montagna.
Il nostro Agricoltore vive in Toscana, ma basta fare due curve di strada ed entrare o salire nell’entroterra che tutto cambia.
Ecco quello che lui ha a disposizione:

sabato 7 dicembre 2013

Poesia ad alta voce Documentario


pt.1






Pt.2



Pt.3

Documentario Leo Ferrè in Italiano







 

Parte 5

http://www.youtube.com/watch?v=epjnaLzI63k

Wi-Fi, in male invisibile che sta distruggendo le nuove generazioni



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Quella che risulta essere la principale minaccia per la nostra salute è anche naturalmente quella che più viene tenuta nascosta dai media. Un giro economico più che miliardario, legato ai settori in piena crescita della telefonia e della tecnologia wireless in genere, monopolizza infatti l’informazione, impedendo che si sappia a livello di massa un’inquietante verità: l’esposizione alle radiazioni di microonde a basso livello (Wi-Fi) è causa conclamata di irreversibili danni cerebrali, cancro, malformazioni, aborti spontanei, alterazioni della crescita ossea. E la fascia di popolazione più a rischio è rappresentata in assoluto dai bambini e dalle donne.
Non stupisce quindi che tutto questo fosse ben noto e documentato in ambito medico e scientifico già molto prima che la tecnologia Wi-Fi dilagasse in tutte le nostre case, arrivando quotidianamente alla portata anche dei bambini. Gli effetti biologici non solo pericolosi, ma letali di questa tecnologia sono stati abilmente tenuti nascosti al pubblico per preservare i lauti profitti delle aziende e per foraggiare le tasche dei vari Bill Gates, Steve Jobs e Carlo De Benedetti.
Come ha dimostrato il Professor John Goldsmith, consulente dell’Organizzazione Mondiale della Sanità in Epidemiologia e Scienze della Comunicazione, l’esposizione alle radiazioni di microonde Wi-Fi è diventata ormai la prima causa di aborti spontanei: addirittura nel 47,7% dei casi di esposizione a queste radiazioni, i casi di aborto spontaneo si verificano entro la settima settimana di gravidanza. E il livello di irraggiamento incidente sulle donne in esame partiva da cinque microwatt per centimetro quadrato. Un tale livello potrebbe sembrare privo di senso per un non scienziato, ma diventa però più significativo se diciamo che è al di sotto di quello che la maggior parte delle studentesse riceve in un’aula dotata di trasmettitori Wi-Fi, a partire dall’età di circa cinque anni in su.
Il dato ancora più allarmante è che nei bambini l’assorbimento di microonde può essere dieci volte superiore rispetto agli adulti, semplicemente perché il tessuto celebrale e il midollo osseo di un bambino hanno proprietà di conducibilità elettrica diverse da quelle degli adulti a causa del maggiore contenuto di acqua. L’esposizione a microonde a basso livello permanente può indurre ‘stress’ cronico ossidativo e nitrosativo e quindi danneggiare i mitocondri cellulari (mitocondriopatia). Questo ‘stress’ può causare danni irreversibili al DNA mitocondriale (esso è dieci volte più sensibile

venerdì 29 novembre 2013

Cake Walke Dancing History and (Video)



The Cake-Walk or Cakewalk was a dance developed from the "Prize Walks" held in the late 19th century, generally at get-togethers on slave plantations in the Southern United States. Alternative names for the original form of the dance were "chalkline-walk", and the "walk-around". At the conclusion of a performance of the original form of the dance in an exhibit at the 1876 Centennial Exposition in Philadelphia, an enormous cake was awarded to the winning couple. Thereafter it was performed in minstrel shows, exclusively by men until the 1890s. The inclusion of women in the cast "made possible all sorts of improvisations in the Walk, and the original was soon changed into a grotesque dance" which became very popular across the country. The authors of Jazz Dance: The Story of American Vernacular Dance reported that an early 1950s experiment with African guests turned up "no worthy African counterpart" to the Cakewalk.[2] First person accounts In the 1981 article "The Cakewalk: A Study in Stereotype and Reality" Brooke Baldwin cites "an almost exhaustive compilation of those accounts which have been found so far".[3] This compilation consists of eyewitness accounts by ex-slaves from Virginia and Georgia recorded by WPA researchers in the 1930s, along with second hand accounts from other sources. Baldwin notes that "when the researchers of the Federal Writer's Project of the WPA interviewed aged ex-slaves in the 1930s, there was no longer any need to suppress information about the happier moments of slave life."[4] Louise Jones: "de music, de fiddles an' de banjos, de Jews harp, an' all dem other things. Sech dancin' you never seen before. Slaves would set de flo' in turns, an' do de cakewalk mos' all night."[4] Georgia Baker said that she sang a song when she was a child. "Walk light ladies, De cake's all dough" She laughed and added, "Us didn't know it when we was singin' dat tune to us chillun dat when us growed up us would be cakewalkin' to de same song".[5] Estella Jones: "Cakewalkin' was a lot of fun durin' slavery time. Dey swep yards real clearn and set benches for de party. Banjos wuz used for music makin'. De women's wor long, ruffled dresses wid hoops in 'em and de mens had on high hats, long split-tailed coasts, and some of em used walkin' sticks. De couple dat danced best got a prize. Sometimes de slave owners come to dese parties 'cause dey enjoyed watchin' de dance, and dey 'cided who danced de best. Most parties durin' slavery time, wuz give on Saturday night durin' work sessions, but durin' winter dey wuz give on most any night."[6] Second hand, oral tradition accounts A South Carolinian told of Griffin, a fiddler who played for the dances of the whites as well as for the "annual cakewalks of his own people".[6] A story told to him by his childhood nanny in 1901 was repeated by 80 year old actor Leigh Whipple, "Us slave watched white folks' parties where the guests danced a minuet and then paraded in a grand march, with the ladies and gentlemen going different ways and then meeting again, arm in arm, and marching down the center together. Then we'd do it too, but we used to mock 'em every step. Sometimes the white folks noticed it, but they seemed to like it; I guess they thought we couldn't dance any better."[6]




Ex-ragtime entertainer Shepard
Edmonds recounted, in 1950, memories related to him by his parents from Tennessee; "...the cake walk was originally a plantation dance, just a happy movement they did to the banjo music because they couldn't stand still. It was generally on Sundays, when there was little work, that the slaves both young and old would dress up in hand-me-down finery to do a high-kicking, prancing walk-around. They did a take-off on the manners of the white folks in the "big house", but their masters, who gathered around to watch the fun, missed the point. It's supposed to be that the custom of a prize started with the master giving a cake to the couple that did the proudest movement."[6] Baldwin concludes that the Cakewalk was meant "to satirize the competing culture of supposedly 'superior' whites. Slaveholders were able to dismiss its threat in their own minds by considering it as a simple performance which existed for their own pleasure" (p. 211).[7] Tom Fletcher, who was born in 1873 and had a show business career beginning in 1888,[8] wrote in 1954 that when he was a child, his grandparents told him about the chalk-line walk/cakewalk, but they did not know when it started.[9] Fletcher's grandfather told him, "your grandmother and I, we won all the prizes and were taken from plantation to plantation. The dance became a great fad. It took skill and good nerves...The plantation is where shows like yours first started, son."[10] Fletcher adds that the dance was called the "chalk like walk" and "There was no prancing, just a straight walk on a path made by turns and so for

Estratti dal libro "Il cantore dell'immaginario" Lèo Ferrè + (Video)




 La proprietà? bisogna cambiare la parola. Sono proprietario del mio diritto di rivendicare "questa" proprietà, oggetto del mio desiderio e la cui sanzione possessiva è rimessa solo al denaro che mi occorre per diventarne il padrone, a meno che io non mi sia deciso a trasgredire l'ordine stabilito e a impossessarmi di forza o con l'astuzia di un bene che io considero, da sempre, dovermi appartenere. E ciò che mi appartiene, posso farlo a pezzi; è questo il diritto di proprietà: il diritto di distruggere.


 Che cos'è il "Mio" se non una convenzione comprata? La mia quercia è mia, la mia quercia è centenaria. Una versone più sana mi dovrebbe dire che è di chi l'ha piantata, della quercia madre della libera natura, del paesaggio di cui essa è un punto mobile nella tempesta o statico nel blu dell'estate. Che è di se stessa, insomma! Il mio rene è mio...

Senza la parola che gli dà un nome non c'è albero. Noi facciamo le nostre catene: con la regola, con le parole. Per parola intendo - è ovvio - l'immediato concetto che m'inchioda al discorso interiore.

 I postulati, i teoremi, il quid eterno che è la nostra condizione di homo curiosus, tutto ci porta verso soluzioni di alterità a problemi costruiti da noi. L'enunciato di un problema è sospetto per il fatto stesso di esprimersi in un linguaggio convenzionale.

 so di assasini che non hanno vittime
che fanno la coda per vedere il sangue sullo schermo


 Noi siamo dei cani e i cani quando fiutano la compagnia si agitano, si sbarazzano del collare e posano l'osso come si posa la sigaretta quando si deve fare qualcosa d'urgente tanto più se l'urgenza consiste in un 'idea da sbattervi in faccia.

domenica 3 novembre 2013

Stanno distruggendo l’omeopatia + petizione per slavare i medicinale omeopatici

A due secoli dalla pubblicazione del libro “Organon dell’Arte di guarire” del medico sassone -Samuel Hahnemann (1755-1843), padre dell’omeopatia, si stanno verificando dei fatti gravissimi.
Pochi ovviamente ne parlano. I media mainstream e i giornalisti embedded, come sempre tacciono, ma l’intero mondo dell’omeopatia è in serio pericolo a causa di manovre politico-economiche-amministrative  che lo vogliono letteralmente e praticamente distruggere.
Partiamo dall’inizio, cioè dall’aggiornamento delle tariffe dell’Agenzia italiana dei farmaci, l’AIFA.
Sono stati interpellati i dirigenti dell’agenzia, ma nessuno ha spiegato il motivo per cui le tariffe di registrazione dei prodotti omeopatici hanno avuto, di punto in bianco, un aumento di 700 volte rispetto alle tariffe precedenti! Qualcosa senza precedenti.
«L’AIFA ci impone burocrazia e costi tali che ci costringeranno a chiudere bottega dopo trent’anni di attività sempre in crescita (più 12% nel 2013)» denuncia Alessandro Pizzoccaro patron della Guna, un colosso italiano, che in piena crisi fattura 160 milioni l’anno e dà lavoro a 1.200 addetti.
«Oggi la super tassa del governo rischia di distruggere tutto».
Anche Silvia Barbieri, della ditta Iride 2000, non lascia spazio a molti dubbi: "Il costo altissimo richiesto dal Ministero per la registrazione ed i tempi tecnici per la presentazione dei documenti, impossibili da rispettare, faranno sì che molti omeopatici non potranno essere registrati e quindi non saranno più reperibili in Italia, mentre lo saranno negli altri paesi della comunità europea. Le aziende italiane si vedranno ridurre notevolmente il fatturato a favore di società oltre confine, saranno costrette a ridimensionare il numero dei loro dipendenti, tutto l'indotto perderà lavoro e personale (grossisti, informatori scientifici, ecc) con gravissimi danni per le aziende, i medici omeopati ed i pazienti.
Sottolineo infine che nella maggior parte dei paesi della Comunità europea, il costo delle visite del medico omeopata e/o dell’Heilpraktiker (naturopata) e il costo dei medicinali omeopatici prescritti, così come dei prodotti erboristici, sono a carico del Servizio sanitario nazionale, mentre in Italia sono a carico del paziente”.
Come non dar ragione a Barbieri e Pizzoccaro, visto che a produttori e importatori, la famosa registrazione, l’AIC, l’Autorizzazione all’Immissione in Commercio, costerà 3062,40 euro a farmaco fino a 10 diluizioni (non è ancora definitiva a causa di un ricorso al TAR del Lazio: la sentenza è prevista per gennaio 2014). Non solo, ma per mantenere l’iscrizione dei 25.000 prodotti omeopatici esistenti, bisognerà poi sborsare 200 euro l’anno ciascuno! Una follia, da un certo punto di vista, che però nasconde una strategia ben mirata e congegnata, visto che vi sono molte aziende che producono migliaia di prodotti. Pochissime di queste aziende potranno sostenere simili spese.
La scadenza data in precedenza per la presentazione dei documenti per la registrazione dei farmaci era il 31 dicembre 2015.
Invece il 10 settembre 2013 l'AIFA ha convocato le aziende che producono e distribuiscono omeopatici a Roma annunciando che, visto l'elevato numero di domande di registrazione da valutare (25.000), ha previsto due fasi per la consegna dei documenti.
La prima fase da ottobre 2013 a luglio 2014, la seconda da settembre 2014 a giugno 2015.
L'AIFA ha scoperto solo ora che deve controllare entro il 2015 circa 25.000 prodotti omeopatici? Eppure l'ultimo elenco dei medicinali omeopatici in commercio é stato presentato il 24 maggio del 2012.
Nonostante questo, il 17 settembre di quest’anno le aziende hanno ricevuto il calendario di presentazione dei documenti. Questa manovra fa comprendere appieno la volontà di eliminare l'omeopatia e distruggere le aziende. Infatti, moltissime aziende dovrebbero presentare la documentazione ad esempio per 20/30 omeopatici a partire dal 30 ottobre 2013 e questo è praticamente impossibile: non ci sono i tempi tecnici per compilare i moltissimi documenti richiesti per ogni diluizione.
Le aziende italiane, a differenza di quelle europee, si trovano in questa situazione complicata e difficile per colpa dell’AIFA che ha spedito loro le informazioni utili per la preparazione dei documenti con ben 2 anni di ritardo rispetto alla data stabilita dalla comunità europea.
Perché questo grave ritardo? Semplice incompetenza burocratica o strategia mirata?
Tutto questo vale per i medicinali omeopatici già registrati in passato. Dal 1995 nessuna azienda italiana ha chiesto la registrazione di nuovi prodotti omeopatici, salvo una che, dopo aver spedito i documenti e le varie integrazioni richieste si é vista rifiutare la registrazione e senza motivazione.
Oggi la tassa di registrazione di un nuovo prodotto richiesta dall’AIFA è di ben 26.000 euro!
L’Italia, per coloro che non lo sanno, è (e tra poco era) il terzo mercato europeo per i medicinali omeopatici, quindi un mercato molto florido e importante per le industrie del settore, e quindi un mercato scomodo per le lobbies della chimica di sintesi, per Big Pharma.
Sempre più persone nel mondo si sono avvicinate e si stanno avvicinando all’omeopatia, grazie anche al fallimento della medicina ufficiale e alla crescita esponenziale delle patologie cronico-degenerative. Stiamo parlando di un mercato che interessa da 11 a 15 milioni di persone in Italia.
Un mercato che non può non fare gola ai colossi farmaceutici che si sono visti soffiare da sotto il naso intere fette di mercato, che tradotto in altri termini, miliardi di euro all’anno.
Ma cerchiamo di capire cosa sta succedendo
L’AIFA - che ricordiamo essere uno degli strumenti operativi delle multinazionali della chimica - di punto in bianco pretende per i prodotti omeopatici, tutte le analisi chimiche e laboratoristiche come se fossero farmaci chimici.
Ci hanno sempre detto che gli omeopatici NON sono farmaci, addirittura qualcuno in tivù continua a paragonarli all’“acqua fresca”, eppure adesso vogliono tutte le analisi, come se fossero veri e propri farmaci. Come mai un simile cambio di rotta?
Le analisi costano moltissimi soldi e sono tutte a carico dei produttori, e questo è uno dei motivi per cui molte ditte hanno chiuso o stanno chiudendo.
Organoterapia e nosodoterapia

Nuovo codice dei medici: scompare il giuramento di Ippocrate

Il nuovo codice deontologico dei medici subisce delle modifiche riguardanti alcuni elementi importanti della professione. Al momento si tratta di una bozza, ma nel testo messo a punto dal Comitato centrale della Federazione nazionale degli Ordini dei medici (Fnomceo), e all'attenzione delle varie federazioni locali, vi sono molte novità. In alcuni casi si tratta di sfumature semantiche che stanno però sollevando la protesta dei camici bianchi. Il testo contiene aperture sulla fecondazione assistita, una stretta sulle terapie alternative, la scomparsa di alcune parole chiave come libertà, indipendenza e dignità. Scompare anche il termine 'paziente' che sarà sostituito da 'persona assistita'.
Il primo cambiamento riguarda uno dei simboli della professione: il giuramento d'Ippocrate. Mentre nel vecchio codice (2006) ancora in vigore si dice in modo chiaro che “il medico deve prestare giuramento professionale”, il nuovo testo recita: “L'iscrizione all'Albo vincola il medico ai principi del giuramento professionale e al rispetto delle norme del presente codice di deontologia medica”. Rimane pertanto solo il riferimento ai principi, ma non viene meno l'obbligo di formale giuramento.
Tra le modifiche più discusse e delicate vi sono quelle riguardanti i doveri del medico in materia di fecondazione assistita. Scompaiono infatti dalla nuova bozza quei paletti fissati nel codice del 2006.
Viene meno infatti la parte che recita: “E' fatto divieto al medico, anche nell'interesse del bene del nascituro, di attuare: forme di maternità surrogata; forme di fecondazione assistita al di fuori di coppie eterosessuali stabili; pratiche di fecondazione assistita in donne in menopausa non precoce; forme di fecondazione assistita dopo la morte del partner”. Secondo il nuovo testo “i trattamenti di procreazione medicalmente assistita, quali atti esclusivamente medici, sono effettuati nelle condizioni e secondo le modalità previste dall'ordinamento vigente”.
L'articolo del nuovo codice che sta facendo più discutere i medici è il 22, che parla dell'obiezione di coscienza. Se oggi “il medico al quale vengano richieste prestazioni che contrastino con la sua coscienza o con il suo convincimento clinico, può rifiutare la propria opera, a meno che questo comportamento non sia di grave e immediato nocumento per la salute della persona assistita e deve fornire al cittadino ogni utile informazione e chiarimento”, in base al nuovo testo “il rifiuto di prestazione professionale anche al di fuori dei casi previsti dalle leggi vigenti è consentito al medico quando vengano richiesti interventi che contrastino con i suoi convincimenti etici e tecnico-scientifici”. Sparisce pertanto il contrasto con la propria coscienza. Così come scompare pure la formula "grave e immediato" legata al nocumento per la salute della persona assistita.
Contestato anche l'articolo 13, che stabilisce i doveri del medico nel campo delle prescrizioni diagnostico-terapeutiche. La nuova formulazione prevede che il camice bianco è tenuto a seguire “le linee guida diagnostico-terapeutiche prodotte e accreditate da fonti autorevoli e indipendenti” e se non lo fa deve motivare le sue scelte. I medici temono una sorta di apertura a possibili sanzioni a danno di chi propone cure innovative ed una limitazione della propria autonomia. Rispetto al vecchio codice nell'articolo sparisce la parola 'etica', sostituita con 'deontologia'.
Il nuovo codice affronta anche la questione del testamento biologico. Se esiste una dichiarazione anticipata di trattamento, “espressa in forma scritta, sottoscritta e datata da persona capace”, il medico deve "tenerne conto". A prescindere, quindi, dalle sue valutazioni, "dall'autonomia e dall'indipendenza che caratterizza la professione", così come recita il testo del 2006.
Tra gli articoli incriminati vi è anche il numero 4. Se nel testo del 2006 si dice che “il medico deve attenersi alle conoscenze scientifiche e ispirarsi ai valori etici della professione, assumendo come principio il rispetto della vita, della salute fisica e psichica, della libertà e della dignità della persona”, la nuova formulazione non parla più di "valori etici della professione" ma afferma che sul piano tecnico operativo il medico è tenuto “ad adeguarsi alle più aggiornate evidenze scientifiche”.

Fonte: 

sabato 12 ottobre 2013

AssoCanapa




Quelle che seguono sono le risposte alle domande che più spesso ci vengono rivolte riguardo la coltivazione della canapa. Per approfondimenti consultare le sezioni Agronomia e Impianto di prima trasformazione.

DOMANDA: Si può coltivare la canapa in Italia?

RISPOSTA: La risposta è sì, a condizione che venga coltivata una varietà a basso tenore di THC (inferiore allo 0,2%) compresa nel Registro Europeo delle Sementi e che sia seguita la procedura stabilita dalla Circolare del MIPAF n.1 dell'8 maggio 2002. Consultare anche in questo stesso sito, negli Approfondimenti, la sezione Legalità

DOMANDA: Dove e come si coltiva la canapa?

RISPOSTA: La canapa preferisce i terreni fertili alluvionali, si adatta però a tutti i terreni, anche fino ai 1500 metri di altitudine. Non soffre le gelate tardive. Soffre invece mortalmente il ristagno d'acqua, specialmente nel primo stadio di vegetazione. Si semina a febbraio/marzo. Buoni risultati in Piemonte si sono ottenuti anche riproducendo una antica tecnica di semina in secondo raccolto (dopo loietto, orzo, grano): in questo caso il pericolo è che se il terreno non è umido si incontrano difficoltà nella germinazione o che il caldo eccessivo secchi le piantine. La quantità di seme consigliata è di 50 chilogrammi per ettaro (10mila mq). Si consiglia di provvedere alla semina con seminatrice da grano con 15/20 centimetri tra le file (naturalmente con disco adattato per la canapa), su terreno preparato che abbia un'umidità sufficiente alla germinazione.
Così seminata la canapa è autodiserbante (le piante di canapa crescono più velocemente delle infestanti, per cui fanno morire tutte le infestanti). Di conseguenza, la canapa lascia il terreno totalmente diserbato.
Normalmente non ha bisogno di irrigazione e migliora la struttura del terreno grazie all'abbondante e profondo apparato radicale e al rilascio di foglie a fine ciclo.
Si raccoglie 10 giorni dopo la fine della fioritura delle piante maschili nel mese di agosto, così come si fa per la fienagione. Si taglia con barra falciante, la si lascia in campo per almeno 30/40 giorni per una parziale macerazione e la si imballa con normale rotopressa.
Da sempre consigliamo a chi non conosce la coltura di sperimentare per un anno per farsi un’esperienza adeguata alla zona in cui si opera. In ogni caso e salvo calamità naturali, gli agricoltori provetti non hanno mai incontrato difficoltà ad ottenere alte rese in biomassa.

PASTE INTEGRALI. Quali sono le migliori? Ecco la prima guida ragionata.




E meno male che siamo in Italia, dove secondo una vulgata dura a morire dovremmo essere tutti grandi consumatori, oltreché esperti, di pane e pasta. Così non è, purtroppo. La pasta integrale, decenni fa, era venduta con un sotterfugio: era denominata “pasta per cani”! Perché per l’ottusità dei pastai e dei loro amici “esperti” alimentaristi e politici la legge non prevedeva che si potesse vendere una “pasta integrale”. Detto tra di noi, era una pasta ottima, migliore di certe marche di pasta integrale odierne. Ma oggi, finalmente, la si comincia a vedere in giro, con tutto il gran parlare che si fa a livello scientifico di fibre, e in particolare di fibre di cereali e legumi. 
Ancora oggi  non è presente in tutti i supermercati o negozi alimentari, il che è un paradosso in Italia, certamente la patria delle moderne paste secche industriali da cuocere, dove sono stata addirittura inventate le macchine per trafilarle, e che con Etruschi e Romani si esercitò a lungo con tagliatelle e laganae (plurale di lagana, fettuccia), citate perfino in una famosa ricetta di Catone – il timballo di lagane con ricotta (“placenta”) – e nella satira VI del I Libro del poeta Orazio (<Torno a casa per mangiare una scodella di porri, ceci e lagane>).
Fino a cinque anni fa la pasta integrale era addirittura rara. Comunque ha fatto prima la grande industria dai marchi famosi ad “imitarla” (le paste “integrali” di molte grandi marche, integrali lo sono solo sull’etichetta), che i produttori seri a metterla in commercio. Si sta verificando anche per la pasta il tipico fenomeno del "finto integrale", cioè la parola "integrale" usata solo come richiamo pubblicitario, ma priva di contenuto reale, proprio come per il pane.
E così proliferano le furbate. La nota marca "dietetica" Misura, per esempio, chiama "integrale" una pasta a cui ha aggiunto addirittura la "microcellulosa cristallina" che col grano duro non c’entra nulla! Perché? Evidentemente ha provato che le proteine del suo grano duro, una volta realizzato l'impasto della gramolatura, non danno un buon glutine, e vuole evitare che la pasta scuocia subito.  Barilla, poi, definisce "integrale" una pasta che già a vederla attraverso il cellofan sembra bianca e raffinata come tutte le altre. Una volta cotta continua a sembrare esattamente come quella normale raffinata, sia per colore che per sapore. Eppure nella composizione in etichetta ci sono le fibre. Quali fibre? Mistero. Sono forse fibre estranee al grano come la cellulosa di Misura? Poiché anche questa costa cara e apparentemente è pasta normale, non acquistatela. Cerchiamo di orizzontarci con un primo abbozzo di guida ragionata.
PASTA “BIOLOGICA, MA RAFFINATA”: UNA DEPRAVAZIONE. Ora si sta diffondendo addirittura la moda contorta e un po’ depravata del… biologico raffinato, cioè la pasta biologica sì, ma bianca. Un’assurdità, che dimostra che la gente è del tutto ignorante, preda della pubblicità più bieca, e non ha proprio capito che cosa è un vegetale “biologico” e a che cosa “serve” nell’organismo.  Ribadiamo che la “pasta biologica bianca” o “biologica raffinata” è un assurdo nutrizionale. Infatti, il cereale e la pasta integrale, poiché significa abbondanza di fibre e di antiossidanti protettivi, soprattutto rispetto al rischio cancro (p.es., del colon), anche quello derivante dai propri inquinanti, è concetto molto più importante del biologico. Che, perciò, o è integrale o non ha alcun senso nutrizionale (mentre ne ha comunque sempre sul piano ecologico).
Cominciamo, dunque, le recensioni dalla grande distribuzione (supermercati e discount). Prendiamo in esame ogni tipo di pasta integrale, normale, "biologica" o "dietetica", e vediamo quali sono per noi le più convenienti per qualità e prezzo.
Sia chiaro, questa è una prima bozza di classifica, parziale e provvisoria, e pertanto può contenere degli errori. I lettori sono pregati di far pervenire nuove informazioni e correzioni, e di suggerire nuovi prodotti trovati nelle più diverse città italiane. I giudizi finali, anche se basati su argomentazioni veritiere e prove organolettiche, sono inevitabilmente schematici e soggettivi, e sono espressione del diritto di critica. Il criterio della qualità è fondato sulla qualità dal punto di vista dell’alimentazione naturale.
CLASSIFICA: I NOSTRI PARAMETRI
Se avessimo una squadra di assaggiatori professionali e preparati sulle paste integrali, chiederemmo ad una classifica seria di tener conto di almeno 10 parametri, di cui i primi 6 fondamentali:
1. Uso esclusivo di semola integrale di grano duro.
2. Quantità di proteine.
3. Quantità di fibre.
4. Assenza di sostanze estranee (p.es. cellulosa microcristallina o altre fibre, sali minerali). 5. Buona tenuta di cottura (quindi ottima qualità proteica della varietà di grano duro). 6. Gusto e colore tipici (p.es., sapore vagamente “di noce”, più o meno intenso e modulato, provato senza salsa di pomodoro, al massimo solo con olio neutro). 7. Origine da agricoltura "biologica" certificata da un Ente (elemento preferenziale, ma non determinante. 8. Prezzo comparato alla qualità, e comunque non eccessivo. 9. Produzione industriale o artigianale (cioè piccola produzione locale).

10. Completezza delle informazioni in etichetta e varietà dei formati a disposizione (elementi secondari).
La “classifica”, perciò, è di larga approssimazione. I dati non sono definitivi, ma vengono aggiornati e corretti di tanto in tanto. Anche perché esiste una grave discontinuità e irregolarità nell'offerta di paste integrali nei supermercati e nei negozi bio in Italia.

Come riconoscere e come raccogliere le castagne


Generalità

Il Castagno (Castanea sativa Mill.) e' originario dell'Europa meridionale, Nord Africa e Asia occidentale. E' presente anche sulle coste atlantiche del Marocco, sulle rive del mar Caspio e nel sud dell'Inghilterra. I castagneti da frutto sono ormai molto ridotti (in seguito al mal dell'inchiostro e al cancro) in Italia, anche se in questi ultimi anni si sta assistendo ad un tentativo di recupero non solo ai fini produttivi. Le regioni in Italia in cui la coltura del castagno da frutto assume maggior importanza sono la Campania, la Sicilia, il Lazio, il Piemonte e la Toscana.
Le castagne sono ricche di amido e in molte zone montane d'Italia hanno rappresentato, fino agli anni '50, la principale fonte alimentare.
Nell’ultimo decennio la castanicoltura ha segnato, nel nostro Paese, un’interessante ripresa. Numerosi vecchi castagneti da frutto sono stati sottoposti ad una potatura di ringiovanimento, l’infezione del cancro della corteccia sta registrando una fase di regresso mentre le quotazioni del mercato per il prodotto di pregio (marroni e frutti degli ibridi) sono oggi particolarmente remunerative ed allettanti per i produttoriIl castagno appartiene alla Famiglia delle Fagaceae: il genere Castanea comprende:
- Castanea sativa Mill., o castagno europeo, diffuso in Europa;
- Castanea crenata Sieb. e Zucc., o castagno giapponese, diffuso in Asia e resistente al mal dell'inchiostro e al cancro della corteccia;
- Castanea pumila Mill, o castagno americano, diffuso nell'America del Nord.
Il castagno europeo e' una pianta longeva, alta fino a 25 metri, con tronchi di circonferenza talora imponenti, chioma espansa e molto ramificata, foglie caduche, di forma ellittico-allungata, a margine seghettato, quasi coraicee, di colore verde intenso e lucide, più chiare nella parte inferiore.
Pianta monoica. Le infiorescenze maschili sono rappresentate da spighe lunghe 10-20 cm di color giallo-verdastro. Quelle femminili sono costituite da fiori singoli o riuniti a gruppi di 2-3 posti alla base delle infiorescenze maschili. La fioritura si ha in piena estate. Il frutto è rappresentato da una noce detta castagna, interamente rivestita da una cupola spinosa, detta riccio. L'impollinazione puo' essere anemofila o entomofila, per cui molto importante e' la presenza delle api.
Il castagno ama i terreni profondi, leggeri, permeabili, ricchi di elementi nutritivi, con pH tendenzialmente acido, con poco o privi di calcare. Non sopporta i terreni pesanti e mal drenati. E' una pianta eliofila, ama i climi temperati, pur sopportando freddi invernali anche molto intensi.
Infiorescenze e frutti Castagno Infiorescenze e frutti Castagno

Varietà e portinnesti

La scelta della varieta' deve tener presente le esigenze del mercato. Vengono considerati 4 gruppi varietali ben distinti: Marroni, Castagne, Ibridi Eurogiapponesi, Giapponesi.
- Marroni: sono così considerati i frutti di castagno che presentano, nell’interno della buccia, i frutti interi, non settati, con la pellicola (episperma) che non penetra nella polpa e che si stacca con facilità nelle operazioni di pelatura.
Sono destinati alla trasformazione industriale e al consumo fresco.
I marroni sono particolarmente ricercati sul mercato e spuntano prezzi elevati; la pezzatura dei frutti delle diverse varietà si può considerare medio-grossa (da 55 a 70 frutti per Kg); tutte le varietà

Estratti dal libro "Scoperte scientifiche non autorizzate" di Marco Pizzuti



Ripercorrere quindi passo dopo passo la vita e le opere di questo scienziato dimenticato servirà a fare finalmente luce su alcune tecnologie nascoste per motivi di elitario interesse. Misteri ufficialmente irrisolti come i cosidetti velivoli UFO dei nazisti, lo sviluppo delle armi geofisiche, del sistema HAARP o l'imbrigliamento dell'energia del vuoto, assumono infatti una veste scientifica non appena si viene a conoscenza degli studi compiuti da Nikola Tesla. Non si tratta tuttavia dell'unico caso di scienza soppressa...

Studiando inve il comportamento delle frequenze estremamente basse (ELF) Tesla si rese conto che la frequenza di risonanza della Terra era uguale a quella di risonanza dello spazio compreso tra la superficie terrestre e la ionosfera (per circa 70/80 Km da terra) fissandole quindi entrambe a circa 8 Hz (...) Le sue sperimentazioni si estesero fino fino a comprendere tutti i tipi di frequenze, comprese quelle utilizzate naturalmente dal corpo umano. Giunse così ad individuare anche gli effetti biologici positivi e negativi prodotti dai campi elettromagnetici sull'uomo. Studiò in particolar modo le frequenze dello spettro gamma bassa, dette ELF (8-20 Hz), VLF (20-100 Hz), e concluse che le onde ELF molto basse, da 4 a 7 Hz, sono altamente dannose all'attività bioelettrica del cervello. mentre altre leggermente più alte ne favoriscono il rilassamento (8Hz) e il benessere.

L'armosfera dello strato più basso, pur essendo un isolante perfetto, sotto l'effetto della grande forza elttromotrice prodotta dalle bobbine di Tesla conduce liberamente la corrente. Tesla notò che la conduttività cresceva molto rapidamente con il rarefarsi dell'atmosfera e con l'aumento delle tensioni elettriche arrivando fino al punto di lasciar scorrere la corrente come se osse un filo di rame. Telsa affermò di avere dimostrato in maniera inconfutabile come enormi quantità di energia elettrica potevano essere trasmesse agli strati più alti dell'atmosfera senza limiti di distanza. Nell'articolo comparso sull'Electrical Review del 29 marzo 1899, Tesla manifestò addirittura il timore di poter incendiare l'atmosfera durante i suoi esperimenti con grandi potenze elettriche. Sapendo quindi che la parte più bassa dell'atmosfera in condizioni normali è isolante, mentre quella più alta è conduttiva, Tesla ideò una tecnica per trasmettere e immagazzinare corrente su quest'ultima. Lo scopo era quello di rendere utilizzabile e accessibile questa corrente da qualsiasi altre parte del globo mediante l'uso di fasci di particelle conduttive posizionati a terra.

L'alta atmosfera, essendo caratterizzata dalla presenza di gas a bassa pressione, una volta ionizzata diviene un buon conduttore di elettricità. La porzione di alta atmosfera tra il trasmettitore e il ricevitore può quindi condurre corrente esattamente come un tubo al neon di proporzioni planetarie, a patto, ovviamente, che vi sia energia a sufficienza. Viceversa, la nostra Terra, che sappiamo possedere proprietà conduttrici (ottime a determinati voltaggi e frequenze), ha un raggio di circa 6000 km ed è circondata da un piccolo strato di bassa atmosfera che ha invece caratteristiche isolanti. Il nostro pianeta riceve molta energia dalle particelle cosmiche di cui è fatto bersaglio dallo spazio (per es. dal Sole) e avendo nello stesso tempo sia un proprio movimento rotatorio che un campo magnetico, si comporta come una gigantesca dinamo. Tra l'area terrestre conduttiva e la parte di atmosfera conduttiva più alta (troposfera e ionosfera) vi sono solo i pochi chilometri di spessore della bassa atmosfera, che funge da isolante tra le prime due. Di conseguenza, creando artificialmente un collegamento tra le due zone conduttrici del pianeta, la differenza di potenziale elettrico produce un passaggio di corrente. L'energia che fluisce attraverso l'aria, infatti, è caratterizzata da un'alta tensione a bassa potenza, mentre quella che fluisce attraverso la terra da un'alta potenza a bassa tensione.
La Terra possiede una sua naturale carica negativa rispetto alla regione conduttiva dell'atmosfera, che inizia a un'altezza di 50 km. L a differenza di potenziale tra la terra e questa regione è di circa 400.000 volt. In prossimità della superficie terrestre vi è un onnipresente campo elettrico di circa 100 V/m diretto verso il basso. Un trasmettitore con bobine Tesla sintonizzato sulla frequenza di risonanza della Terra  crea un disturbo locale nella sua carica che si manifesta  come una variazione della densità del campo elettrico. Tale disturbo si propaga dal trasmettitore, ma la sua intensità diminuisce man mano che si allontana da esso. Un trasmettitore sufficientemente potente, invece, produce una distorsione del campo che si propaga ovunque, sino a raggiungere il punto del globo diametralmente opposto, per essere poi riflessa verso il punto d'origine. Mentre il metodo di trasmessione tra Terra e atmosfera richiede la costruzione di un impianto di trasmissione e di un impianto di ricezione opportunamente sintonizzati tra loro, con il sistema interamente di Terra, invece, è sufficiente un trasmettitore sintonizzato sulla frequenza di risonanza ( o una delle sue armoniche) di quest'ultima, poichè a svolgere l'importante funzione di ricevitore sincronizzato sarà la Terra stessa.