giovedì 16 gennaio 2014

elettrosmog cellulari, antenne, wi-fi, apparecchi elettrici ecc.



Con il termine elettrosmog si intende l'inquinamento elettrico, magnetico e elettromagnetico derivante in genere da radiazioni elettromagnetiche non ionizzanti, quindi nell'intervallo che copre frequenze da zero Hz o campi statici, passando per le bassissime frequenze e arrivando alla luce visibile (laser e luce incoerente).
Comprendono quelle prodotte dai radar, anche civili e da diporto dove vennero scoperti i primi, evidenti effetti biologici delle microonde durante la seconda guerra mondiale (malattia dei radaristi) e da cui vennero sviluppate le tecnologie alla base dei forni a microonde, dalle infrastrutture di telecomunicazioni come la radiodiffusione e la telediffusione (emittenti radiofoniche e televisive), ponti radio, reti per telefonia cellulare, dagli stessi telefoni cellulari, dagli apparati wireless utilizzati soprattutto in ambito informatico (campi elettromagnetici ad alta frequenza) e dalle infrastrutture di trasporto dell'energia elettrica tramite cavi elettrici percorsi da correnti alternate di forte intensità come gli elettrodotti della rete elettrica di distribuzione (campi elettromagnetici a bassa frequenza).
L'opinione pubblica ha recentemente concentrato la sua attenzione su questo tema a causa delle campagne di sensibilizzazione promosse da comitati di cittadini, associazioni, partiti, movimenti ambientalisti, che hanno espresso preoccupazione per la salute dei cittadini. L'esistenza di un rischio rilevante per la salute è a tutt'oggi complessa e controversa, vista anche la dimensione e la durata degli studi epidemiologici. Nel 2011 la IARC (Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro), parte dell'Organizzazione mondiale della sanità delle Nazioni Unite, li inserisce nella classe 2B, classe cancerogena possibile per l'uomo[1]; l'International Commission for Electromagnetic Safety (Icems), sottolinea, nel 2012, la possibilità di aumenti a due cifre di alcune incidenze tumorali[2]; per altri la questione tumorale viene considerata il frutto di un allarmismo ingiustificato[senza fonte]. Tuttavia, gli evidenti effetti biologici non oncologici sono universalmente riconosciuti.

Premessa

Il termine popolare "elettrosmog", più correttamente descrivibile come"relazione tra radiazioni elettromagnetiche e stato di salute", congloba una moltitudine di agenti fisici inquinanti e di diverse patologie potenzialmente correlabili. La pletora di interazioni è difficilmente raggruppabile, passando dagli effetti di campi statici di altissima potenza (dove sono noti ad esempio gli effetti di stimolazione del nervo periferico, PNS, dove la commutazione rapida e lo spegnimento dei gradienti di campo magnetico come in alcuni potenti apparati di risonanza magnetica nucleare, è in grado di causare stimolazione del nervo) a campi di altissima frequenza anche di bassa potenza coinvolta come le Extremely high frequency, la radiazione Terahertz dove, anche se le forze coinvolte sembrano essere piccole, le risonanze non lineari potrebbero consentire alle onde terahertz per decompattare il DNA, creando "bolle" nella doppia elica che potrebbe significativamente interferire con processi come l'espressione genica e la replicazione del DNA, ai laser.
Molte delle fonti prese in considerazione, al di là degli eventuali effetti negativi sulla salute, possiedono comunque effetti biologici, essendo spesso utilizzate a scopo terapeutico, dalle dubbie magnetoterapie, alle Pulsed electromagnetic field therapy (PEMFT), o pulsed magnetic therapy, pulse magnetotherapy (PEMF), Transcranial magnetic stimulation, alla fototerapia, la terapia fotodinamica, eccetera.

Danni

In aggiunta alla variabilità degli agenti causali, i danni provocati possono essere di tipo tumorale, benigno o maligno:
  • di tipo specifico e localizzato, come tumori indotti in loco per innalzamento termico dei tessuti, esempio studiato per i telefoni cellulari, il glioma
  • di tipo organico, come le leucemie, ad esempio sotto indagine per gli effetti delle basse frequenze degli elettrodotti
Si possono avere danni di tipo non tumorale come:
  • danni per trasferimento di potenza, esempio ustione da laser di potenza, da irradiamento infrarosso, da microonde
  • danni da interferenza con segnali di tipo elettrico ed elettrochimico naturalmente presenti nell'organismo, come trasmissione del segnale nervoso, e flussi ionici intra- ed exta- cellulari.

Studi epidemiologici

Uno studio epidemiologico serio e affidabile richiede:
  • un campione statistico scelto accuratamente per essere il più possibile rappresentativo della popolazione da cui è estratto;
  • un tempo di studio molto lungo (10-15 anni) in quanto oltre agli effetti diretti a breve periodo di tali radiazioni si tratta di studiare gli effetti statistici a medio e lungo termine;
  • ingenti investimenti finanziari;
La ricerca finanziata da privati è guardata con scetticismo da alcuni, poiché un privato in genere è restio a sostenere risultati sfavorevoli ai propri interessi economici (conflitto di interessi).
Gli studi che sostengono di aver trovato correlazioni statistiche significative tra l'esposizione a radiazione elettromagnetica a bassa frequenza e l'insorgenza di effetti a lungo termine (quali leucemia e vari tipi tumore) sono spesso contestati sulla base della presunta non significatività statistica del risultato, dovuta principalmente alla ristrettezza del campione scelto o a tempi di studio non sufficientemente lunghi. Si ricorda, in questo contesto, che le insorgenze a lungo termine di tumori prevedono latenze di decenni. Emblematicamente il mesotelioma concernente l'esposizione ad amianto, un altro agente i cui effetti acuti si discostano per meccanismi biologici di insorgenza della malattia da quelli a lungo termine, prevede uno sviluppo del tumore con un ritardo massimo rispetto al periodo di esposizione di 45 anni.
Nel 2007 è stata svolta una ricerca specifica su "uso del cellulare e tumori cerebrali"[3]. Si tratta di un lavoro che ha comparato e analizzato gli studi compiuti in 6 anni sull'uso dei cellulari, e non ha trovato correlazione tra l'insorgenza di tumori al cervello e un utilizzo medio del telefono cellulare a breve termine (10 anni)[4] sottolineando tuttavia che vi sono ancora significative incertezze che possono essere risolte soltanto monitorando la salute di un grande gruppo di utenti di telefonia per un lungo periodo di tempo.

Effetti accertati

Partendo dalle fotosensibilità e fototossicità in campo umano, come nella dermatite attinica, nelle ustioni da laser e infrarossi, passando per i danni termici da esposizione alle microonde o malattia dei radaristi, per finire ai danni di indagine molto più complessa, imputabili alle frequenze radio e ultrabasse a bassa potenza, esistono dimostrati effetti biologici coinvolgenti le radiazioni non ionizzanti.
Un effetto accertato e fisicamente elementare delle onde elettromagnetiche cosiddette ad alta frequenza, anche se non ionizzanti, è l'innalzamento della temperatura dei tessuti biologici attraversati, soprattutto quelli più ricchi di acqua con effetto di maggior penetrazione e assorbimento nei tessuti interni tanto più bassa è la frequenza, tipici ad esempio nell’intervallo delle microonde dei comuni fornetti domestici. Nel caso dei telefoni cellulari, la potenza irradiata è bassa (solitamente minore di 1 watt) così che il riscaldamento prodotto è dell'ordine di poche frazioni di grado, quasi interamente localizzato nella testa dell'utente, inferiore in teoria e comunque all'effetto di un'esposizione diretta di pari durata alla radiazione solare, che però ovviamente agisce solo a livello di superficie, essendo i tessuti non trasparenti all'infrarosso, contrariamente a quanto avviene per le onde radio. Il calore superficiale si propaga nei tessuti nel primo caso solo per conduzione, e non per irraggiamento.
Negli anni, nonostante la normativa, ad esempio in Italia, ancora nel 2012, non ne tenga conto, sono rilevati effetti atermici, biologici: "abbiamo indicatori precisi che ci forniscono l'evidenza dell'effetto biologico che i campi elettromagnetici hanno sull'uomo, così come su piccoli animali e su cellule osservati" (Settimio Grimaldi, CNR, novembre 2011). Si sono ipotizzati effetti implicanti l'interferenza con frequenze di risonanza del flusso ionico relativo alle pompe ioniche cellulari, e gli studi sull'argomento teorico sono tuttora in corso[5][6]
I soggetti portatori di pacemaker dovrebbero rispettare una distanza maggiore di 1 metro fra il telefono e il dispositivo medico, poiché le onde E.M. prodotte potrebbero generare problemi di compatibilità elettromagnetica ovvero creare dei falsi impulsi nei circuiti da scoordinare il ritmo cardiaco prodotto con genesi di aritmie.
Esistono studi che documentano svariati effetti dei campi elettromagnetici sulla salute umana.
I limiti imposti dall'ente americano[quale? dare una citazione] tengono finora esclusivamente in considerazione gli effetti termici, di riscaldamento cutaneo causato dalle microonde.
  1. Le radiazioni di microonde causano almeno due meccanismi che sono alla base dello sviluppo di un cancro: micronuclei e shock termico delle proteine.
    1. Shock termico delle proteine: Quando avviene il surriscaldamento di punti nei tessuti umani, il corpo produce proteine per far fronte allo shock termico nel tentativo di proteggere e riparare le cellule surriscaldate[7]. Queste proteine proteggono anche le cellule cancerose rendendole resistenti alle terapie[8]. In molti tumori il numero di queste proteine risulta altissimo.
    2. Formazione di micronuclei: I micronuclei sono filamenti spezzati del DNA ed indicano che le cellule non sono più in grado di ripararsi correttamente. Gli studi condotti dall'industria delle telecomunicazioni confermano che le radiazioni dei cellulari producono micronuclei nelle cellule ematiche umane a livelli ben più bassi rispetto a quelli previsti dalle normative in materia di esposizione del governo statunitense[9]. Tutti i tumori sono causati da un danno genetico e la presenza di micronuclei nelle cellule è il primo segnale d'allarme del cancro. I medici che curavano le vittime del disastro di Černobyl' del 1986 usavano l'esame dei micronuclei per determinare l'estensione del danno causato dalle radiazioni. A proposito, David de Pomerai, tossicologo molecolare britannico, ha confermato che le cellule con danni genetici non risanati possono diventare cancerogene in maniera molto più aggressiva[10]. Il ricercatore britannico Alisdair Phillips ha effettuato un'analisi più quantitativa che dà un'idea di questo aumento di aggressività delle cellule cancerogene con danni genetici, ed ha scoperto che pochi minuti di esposizione a radiazioni simili a quelle emesse dei cellulari possono trasformare un cancro attivo al 5% in uno attivo al 95%, il tutto durante l'esposizione e per un po' di tempo dopo[11]. Sommando i risultati di questi studi, alcune ore di esposizione a microonde molto basse rispetto ai limiti di legge attuali causerebbero un forte aumento dell'attività delle cellule tumorali, e danni genetici a queste non più sanabili, e trasmessi alle generazioni di cellule successive. Infatti, nel 2004, una serie di studi commissionati dall'Unione Europea ha confermato che i danni causati dalle onde emesse dai cellulari vengono trasmessi alla generazione successiva di cellule[12].
  2. Effetti sulla tiroide: le radiazioni di microonde producono sul cervello effetti quali il rallentamento o l'arresto della produzione da parte della ghiandola pituitaria, detta anche ipofisi, dell'ormone stimolante tiroideo (TSH), determinando così una drastica riduzione degli ormoni tiroidei T4 e T3[13]
  3. Differenza fra radiazioni ionizzanti e radiazioni non ionizzanti: Spesso viene operata una distinzione fra gli effetti di queste due categorie. Gli effetti dei cellulari sarebbero più contenuti, dipendendo da radiazioni non ionizzanti. Riguardo agli effetti delle radiazioni ionizzanti c'è un sostanziale accordo (un esempio di studio documentato[14], dell'Accademia Nazionale delle Scienze, il quale ha confermato che anche dosi molto basse di radiazioni ionizzanti, dai raggi X ai raggi gamma, nel corso di tutta la vita, causano il cancro).
  4. Effetti maggiori nei bambini. Gli effetti delle radiazioni elettromagnetiche sono più gravi se si accumulano nel tempo, ma esistono delle età più sensibili di altre. In altre parole, avere un'esposizione dai 30 ai 40 anni, ha un effetto minore di una subita dai 20 ai 30 anni, sebbene la durata sia la stessa. I bambini assorbono molte più radiazioni degli adulti[15].
La distruzione fin dalla giovane età di cellule neuronali annulla una "riserva cerebrale" che nella vecchiaia potrebbe compensare la morte di neuroni causata dalla malattia di Alzheimer o da altre malattie degenerative. Se il cervello ha un eccesso di neuroni utilizzati poco o nulla, questi possono tornare utili per sostituire quelli morti a causa di malattia della tarda età[16]. I ricercatori dell'Università dello Utah hanno scoperto che il cervello di un bambino di 5 anni assorbe una quantità di radiazioni quattro volte maggiore rispetto al cervello di un adulto, ed il fluido oculare di un bambino di 5 anni assorbe una quantità di radiazioni oltre 10 volte maggiore rispetto all'occhio di un adulto[17].
Nel 2011 la IARC - Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro, ha indicato i campi elettromagnetici a radiofrequenza, tipici dei telefoni cellulari come possibili cause di alcuni tipi di cancro come glioma e neuroma auricolare per gli utilizzatori abituali di telefoni cellulari, anche se per quanto riguarda l'esposizione professionale e quella ambientale[1] si rimanda a ulteriori studi, essendo ancora inadeguato trarre conclusioni. La conseguenza è stata l'inserimento delle radiofrequenze nella classe 2B, che include gli agenti con possibili effetti carcinogeni. Nella stessa classe si trovano oltre 250 agenti, alcuni dei quali di ampia diffusione, che possono diventare cancerogeni come il nichel (che produce reazioni individuali molto intense, per interazione con le proteine), acetaldeide, acrilonitrile, aflatossina M1, Benz[a]antracene, alcuni papillomavirus umani, isoprene, piombo, composti di metilmercurio, policlorofenoli, tioacetammide, il caffè ad altissime dosi (la caffeina è letale fra 150 ed i 200 mg/Kg, ma la IARC, nella monografia sottolinea che bere il caffè non può essere classificato come cancerogenico in quanto vi è una evidenza per la vescica urinaria e una relazione inversa per l'intestino crasso), il nero di carbone (che come molti prodotti della combustione è ricco di idrocarburi policiclici aromatici noti cancerogeni per l'uomo), il talco ( silicati come l'amianto e il talco che è un fillosilicato sono via via sostituiti da prodotti meno tossici come polveri proteiche)[18]; nel 2012 nel volume 102 Radiofrequency electromagnetic fields, si è poi esposto compiutamente lo stato dell'arte delle indagini relative. Altri agenti non ionizzanti, come campi elettrici e magnetici a estremamente bassa frequenza erano già stati esaminati e pubblicati nel volume 80, classificandosi rispettivamente di classe 3 (impossibilità con gli studi finora svolti di classificazione degli agenti come cancerogeno o non cancerogeno), e di classe 2B.

Legislazione

Varie leggi specificano i limiti per i campi elettromagnetici, vedi per esempio: Normativa.
I limiti riguardano l'intensità e la frequenza dei campi. Il limite all'intensità è volto a mitigare gli effetti termici del campo con una elevazione della temperatura corporea minore di 1 °C, mentre il limite alla frequenza è inerente agli effetti non termici del campo elettromagnetico, ovvero all'ipotesi di una sua interferenza con la biologia e la fisiologia degli esseri viventi in termini di una cessione di energia a certe frequenze e di un'attività elettromagnetica, che modifica il flusso di ioni, fornisce l'energia di attivazione di determinate reazioni chimiche, ovvero il rallentamento/inibizione di quelle dove il campo magnetico svolge un ruolo-guida.
La legge quadro 36/01[19] prevede per le intensità dei campi:
  • (1) un limite di esposizione;
  • (2) un valore di attenzione;
  • (3) un obiettivo di qualità.
Il limite di esposizione è il valore che non deve mai essere superato per le persone non professionalmente esposte (quindi il pubblico).
Il valore di attenzione si applica, in pratica, agli ambienti residenziali e lavorativi adibiti a permanenze non inferiori a quattro ore giornaliere, e loro pertinenze esterne, che siano fruibili come ambienti abitativi quali balconi, terrazzi e cortili esclusi i lastrici solari. Sono quindi escluse, ad esempio, strade e piazze, per le quali si applica il limite di esposizione. L'obbiettivo di qualità è un valore che dovrebbe essere raggiunto nel caso di nuove costruzioni.
Per i campi ad alta frequenza (da 0,1 MHz a 300 GHz) il limite di esposizione previsto dal DPCM 8.7.2003 (G.U. n. 199) è compreso fra 20 V/m e 60 V/m a seconda della frequenza. Il valore di attenzione e l'obiettivo di qualità sono invece di 6 V/m, valori pari al doppio di quelli previsti in altre nazioni fuori dalla UE. Nel canton Ticino il valore è di 3 V/m alla base dell'antenna. Trattandosi di campi ad alta frequenza non è necessario specificare a parte il valore del campo magnetico, essendo questo semplicemente proporzionale a quello elettrico. Da notare che questi valori si applicano alle stazioni radio base e non ai dispositivi mobili come i cellulari per i quali invece non esiste una normativa. A titolo di esempio, un cellulare con una potenza tipica di 1 W crea un campo di circa 6 V/m a un metro di distanza e di 60 V/m a 10 cm.
Per la tabella con i valori si veda [1]
Esistono sia limiti da misurare sul singolo impianto (rilevazioni a banda stretta) sia limiti puntuali che riguardano il campo totale generato da più impianti (rilevazioni a banda larga). Tuttavia non sono previste sanzioni per gli impianti che superano i limiti di legge, ma che contribuiscono a generare una somma di campi magnetici superiori al limite consentito per un'area abitata. In ogni caso se sono superati i limiti totali o puntuali si applicano comunque procedure cosiddette di "riduzione a conformità" almeno per gli impianti di telecomunicazioni. L'adeguamento degli impianti è imposto da province e regioni ed è a carico del titolare dell'impianto.
Per i campi a frequenza industriale (50 Hz) ossia quelli generati dalle linee elettriche e cabine di trasformazione, il DPCM 8 luglio 2003 nº 200 prevede un limite di esposizione di 100 µT per l'induzione magnetica e 5000 V/m per il campo elettrico; lo stesso DPCM fissa un valore di attenzione per l'induzione magnetica a 10 µT e per l'obbiettivo di qualità a 3 µT. Questi limiti vanno applicati, come per le alte frequenze, a tutti i luoghi ad alta frequentazione e dove si prevede una permanenza non inferiore alle quattro ore giornaliere ma, rispettivamente, per le condizioni preesistenti alla data di emanazione del DPCM e, relativamente all'obbiettivo di qualità, ai nuovi progetti successivi a tale data.
La Cassazione ha pronunciato una delle prime sentenze al mondo[20] che riconosce un nesso di causalità fra uso intenso del cellulare e tumore al cervello, obbligando l'INAIL a indennizzare un manager bresciano.

Enti di controllo

L'ente ARPA (Agenzia Regionale Protezione Ambiente) coordina campagne di misura di elettrosmog a campione in diverse località italiane o su richiesta delle autorità locali o della popolazione. Lo stesso ente ARPA è responsabile dell'autorizzazione riguardo l'installazione e la modifica degli impianti Radio-TV-Cellulari in coerenza con gli attuali standard di campo elettromagnetico previsto.

Legislazioni estere

Nel caso delle onde non ionizzanti, emesse ad esempio da antenne radio-televisive o da antenne di stazioni radio base di operatori telefonici, il valore di attenzione italiano, pari a 6 V/m, è notevolmente più alto rispetto ad altri paesi europei e alle raccomandazioni dell'Unione Europea. Nel Canton Ticino, per esempio, il valore è di 3 V/m.

Stati Uniti

Il Telecommunications Act, approvato dal Congresso americano nel 1996, è la legge quadro vigente negli Stati Uniti per le tecnologie wireless. La legge, proposta dal senatore John McCain, alla sezione 704 (II) (B) (iv) della legge precisa che: “Nessun governo statale o locale può regolare il posizionamento, la costruzione e la modifica di servizi wireless privati sulla base degli effetti che le emissioni di radio frequenze possono avere sull'ambiente, nella misura in cui tali servizi sono conformi alle norme previste dalla Commissione in materia di emissioni”.
In questo modo, cittadini e governi locali sono stati privati della possibilità di bloccare la collocazione di ripetitori.
La Federal Communications Commission (FCC), ha il compito di fissare le norme per la riduzione del livello di disturbo di energia elettrostatica emessa da strumenti elettrici.

Inefficienze del libero mercato nelle TLC

La competizione fra operatori nel mercato delle telecomunicazioni ha portato in molti Paesi all'esistenza di molte reti concorrenti, e a una proliferazione del numero di antenne e dell'impatto in termini di elettrosmog.
Tale modello risulta meno efficiente rispetto alla costruzione di pochi impianti e infrastrutture condivise dai vari operatori, in termini di costi dei servizi che ricadono sui consumatori, di impatto ambientale e paesaggistico, di possibili effetti sulla salute umana ed infine di copertura della banda larga. A causa di questa "concorrenza" troviamo molte reti delle quali nemmeno una copre interamente il territorio italiano.
Segnali provenienti da impianti di eguale potenza e frequenza e ravvicinati nel territorio rischiano di creare interferenze, oscurarsi a vicenda e portare all'uso di potenze trasmissive crescenti. Simile problema si è incontrato negli anni ottanta in Italia con la diffusione senza regole di radio, TV locali e stazioni radio ricetrasmittenti operate più o meno illegalmente da privati cittadini.

Libertà di antenna ed enti locali

Le normative in tema di elettrosmog tentano una conciliazione fra il diritto a costruire infrastrutture di questo tipo e la salute delle persone. Nel primo caso è garantita la libertà di iniziativa economica degli operatori e la "libertà di antenna".
La Costituzione italiana e quelle di altri Paesi affidano la gestione del territorio alle amministrazione locali. L'installazione di apparati di radiotelecomunicazioni è parte di queste scelte di gestione.
Un insieme di veti incrociati o il singolo divieto di un'amministrazione di attraversare il suo territorio rischia di bloccare la costruzione di importanti infrastrutture. Le scelte in alcuni casi sono dettate più dal parere degli abitanti-elettori del luogo che dall'interesse generale. A questi si contrappone la critica per cui da un lato si desidera un servizio, ma dall'altro nessuno vuole le strutture che lo rendono possibile (è l'atteggiamento NIMBY).
A un modello che rispetta la responsabilità degli enti locali si contrappone un altro in cui il Governo avoca completamente le scelte di sviluppo. Ciò è accaduto per la rete UMTS e negli Stati Uniti d'America, dove le amministrazioni locali non possono opporsi all'installazione di antenne in luoghi di proprietà del demanio, anche se vicini ai centri abitati. In Italia vale un principio analogo nella servitù coattiva di elettrodotti (cfr. Referendum abrogativi del 2003 in Italia).
La scelta di una completa deregulation può dipendere da operazioni di lobbying dell'industria e da atti degli enti locali.
Un modello intermedio è quello in cui i governi fissano comunque dei limiti validi a livello nazionale.

Fonte:


Scienze: Lo studioso padovano e le onde nocive dei telefonini
Care mamme, il cellulare fa male ai vostri bambini Scienze. Lo studioso padovano e le onde nocive dei telefonini
Angelo Gino Levis, professore ordinario di Mutagenesi, e l’inquinamento elettromagnetico
Il recente caso di Radio Vaticana ha riproposto all’attenzione del pubblico il problema dell’inquinamento elettromagnetico, considerato dai cittadini riuniti spesso in comitati come un grave problema di carattere sanitario ma molto spesso dileggiato, minimizzato o addirittura negato in Italia da parte di autorità e scienziati. Non fa parte di questa schiera il professor Angelo Gino Levis già ordinario di Mutagenesi ambientale all’Università di Padova nonché membro della Commissione tossicologica nazionale dell’Istituto superiore di sanità e consulente dell’Organizzazione mondiale della sanità presso l’Agenzia internazionale per le ricerche sul cancro di Lione. Il professore ha deciso di mettersi al servizio della verità - come diceva il compianto professor Cesare Maltoni. Per questo ha fondato un’associazione, Apple (Associazione padovana prevenzione e lotta all’elettrosmog) e ha aperto su internet un sito (www.applelettrosmog.it) dove si possono scaricare tutti i suoi documenti, aggiornatissimi, sui più recenti studi scientifici sull’elettrosmog.
Professore, ma questi campi elettromagnetici fanno davvero male? La scienza è divisa su questo e la gente non sa più a chi credere. «Nonostante le informazioni fuorvianti e la confusione creata ad arte da vari gruppi di pressione, il quadro degli effetti a breve e a lungo termine dei campi elettromagnetici sulla salute umana si fa sempre più preoccupante. Esistono due diverse metodologie per definire i rischi per la salute umana, partono da concetti diversi e portano a risultati opposti.
La prima si basa sull’assunto che l’unico effetto provocato dai campi elettromagnetici compresi tra zero herz e 300 gigaherz sia l’effetto termico: basta tutelarsi da questo rischio e siamo salvi.
Le radiazioni Quadruplicano il rischio di neuroma
Per stabilire i valori di irradiazione che determinano un livello di riscaldamento tale che il nostro corpo non è in grado di compensare con i meccanismi della termoregolazione si sono utilizzati dei manichini, phantoms. Li hanno riempiti di una sostanza simile a quella delle nostre cellule e poi li hanno irradiati. In questo modo sono stati stabiliti nel 1984 i valori di esposizione della popolazione, ancora oggi vigenti in molti paesi europei, compresi tra i 27 ed i 61 volt metro per le alte frequenze, antenne radiotelevisive e di telefonia mobile. La seconda metodologia si basa sul dato che esistono meccanismi di azione anche di tipo non termico sul corpo umano come l’alterazione dell’equilibrio ormonale o della barriera sangue-cervello che non possono essere riproposti su un manichino che ha una struttura inerte. Per questo molti scienziati sostengono che gli studi vadano condotti sugli esseri viventi per conoscerne meglio gli effetti a lungo termine e che i limiti di esposizione vadano rivisti in funzione dei livelli ai quali si riproducono certi effetti». Parliamo di questi valori, quelli italiani, 6 volt metro sono considerati i più bassi d’Europa. È sufficiente per farci stare tranquilli? «La stessa legge quadro sull’elettrosmog del 2001 si pone l’obiettivo di “promuovere la ricerca scientifica per la valutazione degli effetti a lungo termine” che ad oggi non ci sono ancora perché la sperimentazione sugli esseri umani è in atto. In Italia, dove è vero che i valori sono tra i più bassi d’Europa, il DM 381 del ’98 definisce 6 V/m come limite da non superare mai ma impone anche la minimizzazione dei valori di esposizione, cosa che troppi amministratori dimenticano come dimenticano che per legge va applicato il principio di precauzione.
Esiste, infatti, già una discreta bibliografia sugli effetti biologici provocati dalle radiofrequenze- microonde a livelli di esposizione non termici, meno di 2 volt metro, in particolare disturbi della memoria e della capacità applicativa, modificazioni dell’elettroencefalogramma, danni al DNA ed ai cromosomi, malformazioni fetali, aumentata permeabilità della barriera ematoencefalica.
Ed anche sulle antenne cominciano ad esserci importanti studi epidemiologici che mettono in evidenza una correlazione statisticamente significativa tra la diversa distanza delle antenne dalle abitazioni e la distribuzione di particolari sintomatologie tipiche della elettrosensibilità come nausea, disturbi cutanei, mali di testa, irritabilità, insonnia, difficoltà di memoria e di concentrazione. Ci sono gli studi di Roger Santini ed il fondamentale lavoro di Navarro del 2003 che correla tali sintomatologie a valori di campo molto bassi, tra 0,6 e 0,2 volt metro, valori raccomandati fin dal 2000 da molti scienziati indipendenti di tutto il mondo».
Le frequenze dell’Umts ledono i filamenti del nostro Dna

E sui cellulari che sono diventati il must più ambito dai giovani e di cui sembra non si possa fare più a meno? Cosa dice a proposito la scienza? Le informazioni anche in questo caso sono contraddittorie.
«È vero. Esistono alcuni studi scientifici che affermano che l’uso del cellulare è innocuo ma se andiamo a vedere chi ha finanziato la ricerca si trovano i nomi dei grandi produttori di cellulari. Esistono, invece, altri studi, di scienziati indipendenti, che hanno confermato che esistono gravi rischi per la salute umana e che gli utilizzatori di cellulari hanno il diritto di conoscere».
Ad esempio? «Il prestigioso Karolinska Institutet di Stoccolma che ogni anno sceglie il Nobel per la medicina, nell’ottobre 2004, ha confermato che l’esposizione di almeno 10 anni alle radiazioni emesse dai cellulari quadruplica il rischio di neuroma acustico, tumore benigno del nervo uditivo.
Questo tipo di tumore è aumentato in Gran Bretagna del 45 per cento negli ultimi 30 anni ed ogni anno si registrano 400 nuovi casi mentre sono già 100.000 le persone al mondo che hanno il neuroma acustico. Lo scorso dicembre sono stati resi noti i risultati del Progetto Reflex, una ricerca scientifica finanziata dalla Commissione Europea e che ha coinvolto per quattro anni studiosi di 12 prestigiosi Istituti scientifici ed Università europee.
Esponendo ai campi elettromagnetici cellule umane coltivate in vitro si sono registrati tra l’altro aberrazioni cromosomiche e aumenti delle rotture delle catene del Dna».
E l’Umts, il videofonino per intenderci: si dice che sia più sicuro perché usa potenze più basse.
«Ma utilizza frequenze più alte, intorno ai 2250 Megaherz vicine a quelle del forno a microonde. È del 1997 lo studio del dottor Henry Lai, statunitense, che ha dimostrato come queste particolari requenze siano in grado di rompere i filamenti del Dna. È un dato tutt’altro che tranquillizzante».
Allora la preoccupazione a senso unico sugli effetti cancerogeni è fuorviante?
«Ad oggi non esistono ancora dati certi sugli eventuali effetti cancerogeni dell’uso massivo del cellulare ma ci sono dati molto allarmanti che riguardano l’alterazione della barriera sangue-cervello, la barriera che i capillari del cervello formano per non fare entrare nel cervello sostanze tossiche che circolano nel sangue. I ricercatori dell’Università di Lundt, guidati dal professor Leif Salford, che si occupa da 25 anni del problema, hanno scoperto che, irradiando gruppi di topi di età compresa tra le 12 e le 26 settimane, per due ore consecutive a radiazioni emesse da un cellulare Gsm a valori bassissimi, di 1, 2 volt metro, la barriera emato-encefalica si altera e lascia passare nel cervello sostanze nocive quali la sieroalbumina. E siccome l’età dei ratti corrispondeva a quella degli adolescenti di 12-14 anni, estrapolando il risultato dal ratto all’uomo, Salford ha messo in guardia sul fatto che stiamo allevando una generazione di giovani che andrà incontro a fenomeni di senescenza cerebrale estremamente anticipata».
Cosa consiglia allora ai genitori?
«Di non fare usare il cellulare ai bambini, non è un giocattolo, emette radiazioni. Il Times del 12 gennaio scorso ha pubblicato il report del professor William Stewart, presidente del National Radiological Protection Board britannico, che mette in guardia sui gravi pericoli derivati dall’uso del cellulare specie nei bambini al di sotto degli otto anni che correrebbero gravi rischi di contrarre tumori agli occhi ed al cervello.
L’autorevolezza delle affermazioni del professor Stewart hanno convinto una ditta britannica a sospendere immediatamente la produzione di un modello di cellulare destinato ai bambini ed in Francia, la catena di distribuzione Carrefour ha ritirato dalla vendita un tipo di cellulare destinato ai più piccoli».
BEATRICE BARDELLI
tratto da:
47 SABATO 21 MAGGIO 2005 L'UNIONE SARDA
CULTURA
I SARDI NEL MONDO

Fonte:


.... In particolare, indagini epidemiologiche su alcune categorie di lavoratori professionalmente esposti hanno evidenziato un aumentato rischio di leucemie (Matanoski ed altri, 1993: London ed altri 1994; Therialt ed altri, 1994), di tumori del sistema nervoso (Floderus ed altri, 1994; Thörnqvist ed altri, 1991; Savitz ed altri, 1994), tumori mammari nella donna (Loomis ed altri 1994), tumori mammari nel maschio (Floderus ed altri 1994).
Nel recentissimo documento "Parere e suggerimenti della Commissione tecnico-scientifica nominata dal comune di Bologna. Rischi sanitari dovuti all'inquinamento da radiazioni non ionizzanti e possibili misure di prevenzione per la popolazione (maggio 1997)" si afferma che: "Indagini epidemiologiche di terza generazione ribadiscono l'accresciuta incidenza di leucemie infantili, come pure di tumori al sistema nervoso centrale e alla mammella di lavoratori e lavoratrici esposte, di linfoma maligno nell'uomo e nel cane" (Washburn ed altri 1994; Reif ed altri 1995; Miller ed altri 1996; Milham ed altri 1996; Coogan ed altri 1996) deponendo a favore di un rischio possibile a livelli di esposizione superiori a 0.2 uT (microtesla).
Per quanto riguarda le alte frequenze a seguito di una vasta indagine epidemiologica sull'incidenza del cancro eseguita in occidente nei pressi di una trasmittente radiotelevisiva (quella di Sutton Coldfield , GB) é stato dimostrato un incremento di leucemie agli adulti (particolarmente di quelle linfatiche) con un significativo declino del rischio con l'aumento della distanza dal trasmettitore (particolarmente per la leucemia linfatica cronica).
Fonte:
http://www.elettrosmog.it/salute.html
da La Repubblica - 31/8/00
Il telefonino avrà l'etichetta
"Attenti, onde pericolose"
L'impegno dei tre colossi mondiali del settore: dall'anno prossimo una scritta avvertirà i clienti del rischio elettrosmog


MILANO (e.p.) - A partire dal prossimo anno, chi acquisterà un telefonino cellulare sarà avvertito del tasso di onde elettromagnetiche emesso dal suo apparecchio. Il "Sar" (Specific absorption rate) sarà indicato nelle confezioni e probabilmente anche sullo stesso cellulare, un po' come sui pacchetti di sigarette compaiono le percentuali di nicotina o di condensato. Siamo ancora ben lontani dalla forzata pubblicità negativa che i produttori di tabacco sono costretti ad associare al proprio prodotto, ma è comunque un primo, prudentissimo passo, verso l'ammissione che il telefonino non è un oggetto innocuo, ma qualcosa che si deve utilizzare con cautela.
L'iniziativa viene dai tre più importanti produttori - Nokia, Motorola ed Ericsson - che da soli coprono circa il 60 per cento del mercato mondiale, d'intesa con la Food and Drug Administration americana, il potente ente federale di difesa dei consumatori, che sul tema dei pericoli insiti nei cellulari per la verità finora non si è dato molto da fare. I tre colossi della telefonia si sono associati per ricercare una standard comune di rilevazione delle onde elettromagnetiche e di comunicazione del dato al consumatore, dopo che l'associazione internazionale del settore, la Cellular Telecommunications Industry Association, aveva invitato a rendere esplicita sui prodotti la "Sar". Fino a oggi l'indicazione sul tasso elettromagnetico è richiesta solo per il mercato americano, ma con ogni probabilità dal prossimo anno verrà estesa anche al resto del mondo, Italia compresa.
Non si dovrà superare quello che la Federal Communication Commission ha giudicato un limite accettabile, e cioè 1,6 watt per chilogrammo in regime di massima potenza.
Con un'espansione esponenziale della diffusione dei telefonini (201 milioni attualmente in Europa, 103 in America, con previsioni che porterebbero nel giro di quattro anni a oltre un miliardo di utenti nel mondo) l'industria del settore sta studiando i possibili scenari futuri per evitare la sorte toccata ai produttori di tabacco, sommersi da cause di risarcimento danni. Nello scorso mese di luglio Chris Newman, un medico di Jarretsville, nel Maryland, ha intentato causa alla Motorola, alla compagnia telefonica Bell Atlantic e al gestore Verizon, sostenendo che è stato proprio l'uso continuo del cellulare, dal '92 al '98, a provocargli un cancro dietro all'orecchio. L'avvocato di Newman ha chiesto al tribunale di Baltimora un risarcimento di 800 milioni di dollari. Finora denunce come queste non hanno trovato seguito, ma hanno probabilmente convinto i produttori a maggiore prudenza, come testimonia l'indicazione esplicita del tasso elettromagnetico.


Fonte: http://www.elettrosmog.com/elettrosmog/etichetta.html

Gli smartphone sono stati inseriti dall’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro tra i dispositivi “di possibile cancerogenicità”. Secondo gli esperti, l’esposizione continuativa sopra le quattro ore alle frequenze radio per la trasmissione dati è molto pericolosa. Sebbene la maggiore fonte di elettrosmog sia il telefono cellulare, non è l’unica. Ecco i rischi che si corrono e i consigli per difendersi dall’inquinamento elettromagnetico. 

Computer, televisore, cellulare, antenna. Tutti elettrodomestici che producono smog compromettendo la qualità dell’aria. Eppure, l’80% del vivere quotidiano trascorre in ambienti chiusi. L’inquinamento elettromagnetico è legato alla generazione di campi elettrici artificiali, prodotti da tutti quei dispositivi il cui funzionamento implica un’alimentazione, oppure impianti utilizzati per il trasporto e la trasformazione dell’energia dalle centrali fino all’utilizzatore nell’ambiente urbano, e infine da impianti per lavorazioni industriali. Non solo: sul nostro pianeta esistono campi magnetici ed elettrici attribuibili al fondo terrestre o ad eventi naturali che però sono innocui.
«Gli effetti dell'esposizione di lungo periodo ai deboli campi elettromagnetici in ambiente chiuso sono ancora sotto studio», osserva Fiorenzo Marinelli, biologo del Cnr di Bologna, che spiega: «L'errore di base sta nell’installare e utilizzare le tecnologie potenzialmente dannose senza prima averne studiato gli effetti, e ciò è irrazionale. Ci sono studi che indicano la pericolosità dell'esposizione pulsata di bassa potenza. L’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro ha inserito i cellulari e in generale i campi elettromagnetici a radiofrequenza (wireless) nel gruppo 2B. Perciò occorre usare un principio di precauzione nelle esposizioni anche al wifi». Eppure, nonostante nel 2011 la notizia abbia fatto il giro del mondo in poche ore, oggi i più sembrano averla rimossa.
Le classi di cancerogenicità sono quattro: 1, 2A, 2B, 3, 4 con livello di rischio decrescente in termini di probabilità da parte dell’uomo di contrarre il cancro. Alfio Turco, ceo della Polab, azienda che opera nel campo dell’elettromagnetismo ambientale, spiega che: «La classe 2 è stata sdoppiata in una sotto classificazione. La 2A riguarda le sostanze probabili cancerogene, mentre la 2B riguarda le sostanze possibili cancerogene. I campi elettromagnetici a radio frequenza, così come i campi a bassa frequenza, sono stati inseriti in classe 2B».
Per la radio frequenza in generale, ovvero trasmissioni radio da 100 kHz a 300 GHz, «il livello di emissione, (e quindi di assorbimento da parte dell'organismo) non può essere univoco per tutta la banda di frequenza. Sia per la natura delle sorgenti, sia per la tipologia di propagazione che per capacità di penetrazione», continua Turco, che precisa: «Per la radiazione che riguarda i cellulari, da 900 MHz a 2,100 GHz (con il 4G si avrà anche il 2,6 GHz), i livelli ritenuti accettabili dalla letteratura cautelativa si attestano intorno agli 0,6 V/m (volt per metro), per le esposizioni prolungate, cioè per periodi continuativi sopra le quattro ore consecutive».
Questi valori sono oggi riscontrabili nella maggior parte delle città italiane, «tranne i casi di particolari concentrazioni di impianti che, seppur al di sotto dei limiti di legge, sono stati posizionati secondo specifiche di traffico commerciale e senza un percorso di analisi preventiva delle emissioni che consentisse di scegliere in maniera ottimale le localizzazioni in grado di minimizzare le esposizioni», dice ancora Turco. «Personalmente ritengo che gli attuali limiti di legge (20 V/m per le esposizioni inferiori alle 4 ore, e 6 V/m per i periodi prolungati) non garantiscano l'assenza di rischi – commenta Turco – e comunque credo vada perseguito e applicato sia il principio di precauzione che tutti i criteri di minimizzazione da mettere in campo nella gestione della tematica».
Sottotraccia sembra anche l’informazione che la maggiore fonte di elettrosmog è il telefono cellulare. «A causa della sua potenza e della vicinanza di uso», commenta Marinelli, «le antenne telefoniche che dall'esterno irradiano l'abitazione, le antenne di radio private e televisive». A completare il non breve elenco «il telefono di casa wireless, il router wifi, e tutto ciò che viene trasmesso via radio, segnale audio del giradischi, termometri e così via». Non deve sorprendere l’enorme diffusione sul mercato di apparecchiature dannose perché «il problema maggiore è dato dal conflitto di interessi che impedisce la corretta informazione sulla pericolosità dei campi elettromagnetici introdotti artificialmente».
Campo elettrico e magnetico producono induzione di corrente elettrica nell’organismo in modo differente. È la sommatoria di queste correnti indotte che produce una serie di squilibri. Marinelli li illustra così in un recente intervento: «Tra gli effetti biologici conosciuti c’è quello sulla melatonina (ormone principale regolatore del funzionamento metabolico e ormonale dell’organismo, ndr), e sulla diminuzione della risposta immunitaria dell’organismo. In generale gli studi più significativi si sono concentrati sul bilancio ormonale, sul sistema immunitario, sul cancro, sul sistema nervoso, sul calcio, sul comportamento e sulla psiche» visto che l’organismo sottoposto a campi elettromagnetici può modificare le sue risposte comportamentali. Mentre tra i sintomi reversibili identificati vengono descritti: disturbi del sonno, stanchezza e alterazioni del bioritmo.
Anche Paolo Bellia, consulente per l’elettrosmog,  inserisce i sistemi wireless (modem con wi-fi e simili) e i telefoni cellulari tra i campi a radiofrequenza pericolosi per la salute. Per Bellia «i livelli di emissione dei sistemi wireless sono molto bassi, quindi a meno di non posizionare il router proprio accanto a noi, non si raggiungeranno valori di campo elettrico tali da destare qualche ragionevole preoccupazione». È da evitare il ricorso all’utilizzo di dispositivi come piastrine, coccinelle e oggettini vari spacciati come utili per ridurre i livelli di esposizione ai campi elettromagnetici. «Nella quasi totalità dei casi - sottolinea- sono delle vere e proprie truffe, non servono a nulla e le descrizioni "tecniche" sono prive di fondamento scientifico». Paradossalmente se dovessero funzionare, sarebbe anche peggio: «Schermando il cellulare, ad esempio, il terminale riceverà campi più bassi dalla stazione radio base ed emetterà livelli maggiori di potenza per compensare. Idem per i sistemi wireless dove una eventuale schermatura indurrebbe solo un malfunzionamento del sistema con conseguente necessità di aumentare la potenza e/o ritrasmettere più volte i pacchetti di dati». Ugualmente il ricorso ad alcuni tipi di piante cui vengono attribuite proprietà di assorbimento delle onde elettromagnetiche, sono mere leggende metropolitane.
Il discorso cambia per i campi a bassa frequenza. Potrebbe verificarsi il superamento dei valori indicati dalle normative come obiettivo di qualità per il campo di induzione magnetica, in prossimità di alcuni elettrodomestici in funzione, come asciugacapelli, rasoi elettrici e così via, il cui uso è limitato nel tempo. «Le correnti elettriche che scorrono in un normale impianto domestico (o di un ufficio) non sono tanto elevate da generare valori di campo magnetico che si possano avvicinare ai valori limite», sostiene Bellia. Nel caso di impianti industriali, invece, la presenza di apparecchiature che assorbono molta corrente e le conseguenti linee di collegamento elettrico richiedono l'esecuzione di misure e l’eventuale delimitazione di zone a rischio. Infine, dice Bellia, «occorre prestare attenzione alle cabine elettriche o al passaggio di cavi, che si presuppone possano trasportare elevati valori di corrente. In queste circostanze è sempre bene affidarsi a tecnici specializzati per la misura dei valori dei campi elettromagnetici».
Nonostante l’elettrosmog esista ovunque, negli ambienti chiusi si può ridurre. Per farlo è fondamenetale intervenire sullo schema dell’impianto elettrico, all’interno del quale non devono esserci perturbazioni elettromagnetiche. Federico Sampaoli, esperto Casaclima, sottolinea come «schermare un campo magnetico con il materiale più adatto è sempre molto più difficile che evitare il campo magnetico con un'attenta progettazione». Ma se l’impianto è già esistente non resta che mettere in pratica dei piccoli accorgimenti per arginare il problema. Realizzare schermature con appositi feltri, tessuti o colori murali schermanti (un vetro basso emissivo diminuisce di mille volte il segnale di alta frequenza, quello maggiore a 100 MHz) purché si preveda un sistema di messa a terra con nastri appositi o cavi. Oppure l’installazione di «disgiuntori che tolgono la tensione dall'impianto se non c'è richiesta di corrente, utilissimi in camera da letto dove per molte ore si è sottoposti a campi elettromagnetici inutili quanto dannosi. In tutti i casi di elettrosmog vale la regola della distanza accompagnata a quella del buon senso quindi la radio sveglia sul comodino va eliminata». Così come vanno eliminate le apparecchiature alimentate elettricamente nelle vicinanze del letto dove si spendono molte ore senza cambiare posizione.
I costi per le apparecchiature e gli interventi per ridurre l'inquinamento elettromagnetico non sono esorbitanti. «In commercio si trovano diversi strumenti di misura destinati al fai da te – commenta Alfio Turco –  ma tutti non propriamente friendly nell'utilizzo e nell’interpretazione dei dati». Ad ogni modo è bene interpellare uno studio specializzato in misure di campi elettromagnetici ambientali per avere monitoraggi e caratterizzazioni di ambienti e sorgenti. «I compensi sono quelli delle consulenze che partono da poche centinaia di euro a salire, in base alla complessità dell'intervento e alla distanza dalla sede abituale», conclude.
Da non dimenticare il buon senso, l’unica contromisura a costo zero. Per proteggersi nella maggior parte dei casi è sufficiente adottare accorgimenti di carattere comportamentale. «La sorgente più emissiva è il telefono cellulare che modula il livello di segnale in funzione della distanza dall'impianto con cui è in comunicazione, e molti strumenti di uso professionale o domestico», specifica Turco, che osserva infine: «Molti modelli di cellulare, ad esempio, con poche tacche (condizione di scarso campo) possono emettere segnali che vanno fino a 80 V/m, e la sorgente si trova a contatto con il corpo, a meno che non si faccia ricorso a degli specifici auricolari o al viva voce».

Fonte:
http://www.linkiesta.it/elettrosmog-inquinamento-cosa-fare

per ulteriori info

http://www.elettrosmog.com/elettrosmog/elettromagnetismo.html

http://www.elettrosmog.it/index.htm

2 commenti:

  1. Elettrosmog sta rapidamente diventando un problema globale, che riguarda "non vuole vedere" !! http://cem.teleingenieria.es

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  2. vorrei sapere potenza e tempi di esposizione accettabili e distanze consigliate per il wifi domestico grazie

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