Perdonare è liberare un prigioniero e scoprire che quel prigioniero eri tu. Sacre Scritture
Se ci osserviamo bene possiamo scoprire che l'orine di tutti i conflitti risiede nella percezione di essere degli
individui separati dal resto ed il perdono è il processo mediante il
quale avviane l'integrazione di questa frattura interiore. Le varie fasi
conducono la persona attraverso un percorso intimo nel corso del quale
diviene consapevole dei propri conflitti e impara a riconoscerli come
opportunità per evolversi, come mezzi e non come ostacoli.
Il perdono può essere concesso a patto che si dia a se stessi il permesso di tornare ad essere felici e liberi dall'odio.
Il perdono si esprime mediante la volontà di lasciare andare ciò che appesantisce il cuore. Senza volontà non c'è perdono.
La vita è troppo breve per farsi limitare
dalle considerazioni altrui, soprattutto se queste precludono
un'esperienza così bella, semplice e potente come quella del perdono. Il
vero coraggio consiste a volte nell'andare al di là di questi giudizi e
comprendere che si tratta solo delle nostre resistenze interiori.
le ombre sono potenti opportunità per evolvere e crescere.
Quando qualcuno compie un errore si può
ricorrere alla punizione per correggerlo (nel caso si ritenga che ci sia
una colpa, cioè che la persona che ha commesso l'errore sia colpevole),
oppure si può considerare che ha sbagliato per ignoranza (mancanza di
conoscenza) e fornire i mezzi alla persona per correggere l'errore. La
nostra società è basata sulla punizione: chi sbaglia paga. Spesso ci
dimentichiamo però che chi ha sbagliato probabilmente non ha capito
qualcosa e ha necessità invece di comprendere cosa non funziona: ha
necessità di essere consapevole del proprio errore. Se si considera la
persona inconsapevole, allora si cercherà di fornirle i mezzi per essere
consapevole.
Perdonarsi vuol dire accettarsi. Accettarsi
vuol dire lasciare andare le energie bloccate (risentimenti, odio,
rancore, vendetta, collera, giudizio). Lasciare andare vuol dire aprire
uno spazio per accogliere la consapevolezza, che ci permette di avere
accesso al nostro mondo interiore e di accettare gli altri
incondizionatamente. Questo è l'inizio.
Quando reagiamo in preda all'ira o alla rabbia
o al risentimento, il prodotto delle nostre azioni crea lacerazioni,
fratture e ferite profonde, sia in noi che nell'altra persona.(...) Se
una persona ti altera, è necessario che tu riesca a trascendere il piano
conflittuale.(...)Se riusciremo ad andare veramente e con onestà al di
là del piano duale dove gli opposti sono in contrasto, avremo acnhe le
risorse necessarie per cambiare la situazione.
La ricerca, fino a quando esiste una meta, è
polare, crea cioè una distanza dall'obiettivo che si vuole raggiungere:
darà vita a un'idea che tenterà di sostituirsi all'esperienza diretta.
L'esperienza dell'unione a cui ci porta il perdono non è una meta, nè
tanto meno una stazione su cui fermarsi; è piuttosto un modo di essere.
Qual'è il senso della frattura percettiva che
viviamo? Se ci fermassimo un istante a percepire la realtà, di qualunque
realtà si tratti, subito si evidenzierebbe una polarità. Cerchiamo di
provare a pensare sinceramente come utilizzare questa polarità per
crescere ed evolverci. Non è forse essa il nostro parametro di misura,
di giudizio e di valutazione? Attraverso essa ci si muove e si fa
esperienza, ci si motiva e si trovano
nuovi stimoli. Non è forse per raggiungere la conoscenza che milioni di
persone intraprendono un percorso interiore? Ecco che la polarità
conoscenza/ignoranza viene utilizzata come espediente evolutivo. Non c'è
niente di sbagliato nella polarità o nella frattura in se stessa.
Dipende da come noi la percepiamo e utilizziamo. Siamo assoulutamente
liberi di fare e di essere ciò che più ci piace.
Il senso della polarità consiste nell'andare al di là di essa per sperimentare la felicità dell'essere.
Tutto quello che si deve desiderare è
semplicemente donare, donare ogni cosa, ogni polarità, sia essa gioia o
dolore, odio o amore. Quando questo dono diviene assoluto, porta al di
là degli opposti, poichè esiste oltre gli opposti.
La prima responsabilità che ah un essere umano
è quella di trovare la felicità dentro se stsesso, per poi poter essere
in grado di donarla all'esterno. Non possiamo dare ciò che non abbiamo
Considera l'affermazione "quello mi ha fatto
arrabbiare". Cosa contine questa frase e quale punto di vista esprime?
Esiste un tizio che ha fatto qualcosa che mi ha fatto arrabbiare. La mia
rabbia dipende dunque da un fattore esterno, da qualcuno che pare abbia
il potere di farmi arrabbiare. Riassumendo: là fuori nel mondo c'è
qualcuno che ha il potere su ciò che provi, capace di determinare una tua
emozione.(...) Ecco il seme del conflitto. Adesso proviamo a vedere la
stessa cosa da un differente punto di vista, applicando il principio
della responsabilità e della proiezione. Che cosa cambia? Cambio io, la
consapevolezza che ho di me e il potere che ho sulla realtà che creo. Se
considero che sono assolutamente responsabile di ciò che sento allora
per un istante smetto di concentrare la mia attenzione sull'altra
persona e mi focalizzo dentro di me, iniziando a percepire dove nel
corpo sento la rabbia. In questo preciso istante tolgo all'altra persona
il potere sulle mie emozioni e cerco questa origine in me, per
cambiarla e trsformarla, in modo da poter affrontare nella migliore la
situazione esterna. (...) Ecco il seme della pace.
Attraverso il principio della proiezione
riconosco che la persona che mi sta facendo arrabbiare è solo uno
specchio, una parte di me che mi sta offrendo la possibilità di
conoscermi e migliorarmi. Che grande opportunità. Questo non vuol dire
che non devo assolutamente arrabbiarmi, ma che ho una nuova possibilità
di vivere le cose. A volte arrabiarsi fa bene, perchè permette di
sfogare un'energia altrimenti repressa. Ma arrabbiarsi consapevolmente è
meglio, per il semplice fatto che ammetto la piena responsabilità di
ciò che provo; vedo con chiarezza nell'altra persona solo uno specchio,
una opportunità per migliorarmi e decido liberamente di arrabbiarmi.
Da cosa è spinta la gente a fare ciò che fa?
Quanta gente fa ciò che compie per paura e non per amore. In realtà,
scavando nel profondo del tuo animo, quante cose fai per paura? Quando
cammino per la strada a volte guardo le persone e mi domando perchè
fanno ciò che fanno. Quante persone fanno sport per paura di invecchiare
o di ammalarsi, quante donne si truccano per paura di essere brutte,
quanti individui stanno in coppia per
paura di stare soli e non per vero amore. Quante eprsone lavorano per
paura di non poter mangiare e quante lavorano per paura di perdere il
lavoro. E' libertà questa? Trovami una persona che fa qualsiasi cosa
solo per amore. Questa persona è libera e non è possibile manipolarla in
alcun modo. Le sue azioni dipendono dall'amore che sente e non dalla
paura di perdere qualcosa...
Un ricercatore trova la sua dimensione autentica quando scopre come trovare costantemente.
Avere consapevolezza vuol dire anche essere in grado di cambiare la struttura mentale, emozionale, vitale e fisica.
Un detto taoista recita:"Il saggio lavora su
di sè e il mondo cambia. Si conosce e le persone si illuminano, si eleva
e vede tutto il mondo illuminato."
Il conflitto fra le persone nasce quando uno
dei due punti di vista pretende di essere l'unico corretto in maniera
assoluta. Si perde cioè la fluidità e avviene una cristallizzazione che
causa la pretesa di avere ragione: ecco l'origine del conflitto.
Questa è una tipica visione geocentrica della
conoscenza: la lotta tra bene e male. L'ego (o l'impulso egoico),
secondo queste correnti di pensiero, è qualcosa di sbagliato, da
combattere, da rifiutare. Si origina quindi nella persona una lotta tra
ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, o fra ciò che è vero e ciò che è
falso. Questa attitudine crea una frattura interiore profonda:
l'individuo inizia a lottare contro una parte sdi se stessa. Potrebbe
scegliere di amare e comprendere questa parte, ma sceglie di farle la
guerra, per affermare il proprio potere.
è più importante essere in grado di raggiungere una verità o saperla vivere costantemente?
Noi non siamo qui per decidere cosa sia giusto o sbagliato.
La relazione con le proprie malattie è
qualcosa che coinvolge la persona sotto tutti i piani e aspetti: quello
fisico, quello vitale, quello emozionale, quello mentale, quello causale
e quello spirituale. Il senso del perdono di una malattia non va
ricercato nella guarigione, che può manifestarsi come effetto
collaterale, ma nella consapevolezza che si manifesta nella persona.
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