DICIAMOLO PURE AD ALTA VOCE
E’ mai possibile che la diffusione pressoché «epidemica» della
celiachia, cioè dell’assoluta intolleranza al glutine che può innescare
anche gravi patologie conseguenti, possa essere dovuta ad una
modificazione genetica approntata sul frumento? Questa ipotesi non è
nuova e su di essa si sono spesso avventati, smentendola con ferocia, i
sostenitori delle biotecnologie e dei cibi Ogm. Ma ora, grazie
all’intuizione di uno scienziato di esperienza pluridecennale in campo
medico, pare possa arricchirsi di ulteriori dettagli, chiarendosi
all’opinione pubblica.
UN FRUMENTO NANIZZATO
Il professor Luciano Pecchiai, storico fondatore dell’Eubiotica in
Italia e attuale primario ematologo emerito all’ospedale Buzzi di
Milano, ha avanzato una spiegazione di questa possibile correlazione
causa-effetto su cui occorrerebbe produrre indagini scientifiche ed
epidemiologiche accurate. «E’ ben noto che il frumento del passato era
ad alto fusto – spiega Pecchial – cosicchè facilmente allettava, cioè si
piegava verso terra all’azione del vento e della pioggia. Per ovviare a
questo inconveniente, in questi ultimi decenni il frumento è stato
quindi per così dire “nanizzato” attraverso una modificazione
genetica».Appare fondata l’ipotesi che la modifica genetica di questo
frumento sia correlata ad una modificazione della sua proteina e in
particolare di una frazione di questa, la gliadina, proteina basica
dalla quale per digestione peptica-triptica si ottiene una sostanza
chiamata frazione III di Frazer, alla quale è dovuta l’enteropatia
infiammatoria e quindi il malassorbimento caratteristico della
celiachia.«E’ evidente – ammette lo stesso Pecchiai – la necessità di
dimostrare scientificamente una differenza della composizione
aminoacidica della gliadina del frumento nanizzato, geneticamente
modificato, rispetto al frumento originario. Quando questo fosse
dimostrato, sarebbe ovvio eliminare la produzione di questo frumento
prima che tutte le future generazioni diventino intolleranti al
glutine».
E NON E’ DA ESCLUDERE CHE SIA PROPRIO QUESTO UNO DEGLI SCOGLI PIU’ DIFFICILI DA SUPERARE
400.000 malati in Italia.La riconversione della produzione,
una volta che questa sia entrata a regime e abbia prodotto i risultati
economici sperati, diviene impresa assai ardua e incontrerebbe senza
dubbio molte resistenze. Di qui la probabile mancanza di
interesse ad approfondire una simile ipotesi per trovarne l’eventuale
fondamento.D’altra parte, nessuno ancora ha trovato una spiegazione al
fatto che l’incidenza della celiachia è aumentata in maniera
esponenziale negli ultimi anni e l’allarme non accenna a rientrare.
«Mentre qualche decennio fa l’incidenza della malattia era di 1 caso
ogni mille o duemila persone, oggi siamo giunti a dover stimare 1 caso
ogni 100 o 150 persone», spiega Adriano Pucci, presidente
dell’Associazione Italiana Celiachia. «Siamo dunque nell’ordine, in
Italia, di circa 400 mila malati, di cui però soltanto 55 mila hanno
ricevuto una diagnosi certa e seguono una dieta che può salvare loro la
vita».In molti sostengono che l’aumento dei casi di celiachia sia una
conseguenza del miglioramento delle tecniche diagnostiche, ma la
spiegazione non convince, appare eccessivamente semplicistica e
riduttiva. Fatto sta che, anziché cercare spiegazioni sulle cause, cosa
che permetterebbe di provvedere poi alla loro rimozione, la ricerca oggi
percorre direzioni opposte, ipotizzando e sperimentando ulteriori
modificazioni genetiche del frumento stesso per «deglutinare», cioè
privare del glutine, ciò che ne è provvisto o «immettere» nel frumento
caratteristiche proprie di cereali naturalmente privi di glutine.
IL MISTERO DEL CRESO
A proposito torna alla mente una questione dibattuta qualche anno fa
alla quale non è mai stata fornita risposta e che rimane a tutt’oggi un
problema apertissimo e attuale: il cosiddetto grano Creso. Nel 1974,
all’insaputa dei più, viene iscritto nel Registro varietale del grano
duro il Creso. Nove anni dopo, la superficie coltivata a Creso in Italia
era passata da pochi ettari a oltre il 20% del totale, con 15 milioni
di quintali l’anno per un valore, di allora, di circa 600 miliardi di
vecchie lire.Da una pubblicazione del 1984 si ricavò poi che quel grano
era stato «inventato» e sviluppato presso il centro di studi nucleari
della Casaccia. Nel lavoro, come ricordò nel 2000 anche il fisico Tullio
Regge su Le Scienze, si sottolineava l’efficacia della mutagenesi e
l’introduzione di nuovo germoplasma e di ibridazioni interspecifiche.In
sostanza, il Creso era il risultato dell’incrocio tra una linea
messicana di Cymmit e una linea mutante ottenuta trattando una varietà
con raggi X. Per altre varietà in commercio erano stati utilizzati
neutroni termici. In che misura, per esempio, il consumo continuativo di
questo frumento può avere influenzato l’organismo di chi lo ha
ingerito? Non si sa, né pare che alcuno voglia scoprirlo. Lo stesso
Regge si limitò ad affermare che comunque «lo hanno mangiato tutti con
grande gusto».E se la celiachia fosse il risultato di decenni di
ripetuti e differenti interventi sulle varietà di grano che sta alla
base della maggior parte del cibo che mangiamo? Chissà se a qualcuno,
prima o poi, verrà voglia di capirlo.
Fonte:
http://www.ilfattaccio.org/2012/04/13/la-celiachia-non-e-una-malattia-ma-il-risultato-di-una-modificazione-genetica-del-frumento/
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